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CITTÀ

Veronica Pini

La street art può essere solidale

Presidente di Fondazione Pini, nata per volontà del padre Arrigo, filantropo e imprenditore, Veronica Pini ha trovato nei murales un’opportunità unica per riqualificare i quartieri milanesi, a partire dalle zone più esposte al degrado

DI MARZIA NICOLINI

13 November 2024

Di cosa si occupava prima di entrare in Fondazione?

Mi sono laureata in architettura, ma ho sempre lavorato nell’ambito delle riviste di interior. Quando è venuto a mancare mio padre, ho deciso di impegnarmi a tempo pieno con la Fondazione.

Quali sono stati i primi progetti?

Mi sono buttata nel mondo del fundraising. A inizio anni Duemila ho creato un format di eventi dedicati a vendite straordinarie di oggetti di design, Design for Charity. Tutto quello che raccoglievo veniva elargito ad associazioni benefiche. A un certo punto, però, il mondo del design è entrato in crisi e le aziende difficilmente donavano i loro pezzi. In quel momento Alice Cosmai ha fatto il suo ingresso in fondazione nel ruolo di fundraiser, aprendoci le porte al mondo della street art.

In che modo?

Abbiamo cominciato a collaborare con il collettivo Orticanoodles, che conta un portfolio di opere pittoriche monumentali di arte pubblica a livello mondiale. Grazie alla supervisione costante di Walter Contipelli, che oggi dirige la parte artistica della Fondazione, abbiamo avviato un progetto di arte per tutti.

Come si è concretizzato il vostro coinvolgimento nella street art?

Durante il periodo pre-Covid e anche in tempo di pandemia abbiamo ingaggiato alcuni artisti, affidando loro la realizzazione di opere murali su pareti di case popolari indicate come disponibili dai vari municipi. Si tratta di una reale azione di recupero, perché spesso questi muri versano in uno stato di degrado avanzato. Tra le altre cose ci occupiamo di risanarli e ricreare l’intera base.

Può farci qualche esempio?

Parto da un murale realizzato non su un condominio, bensì sull’edificio della scuola e piscina pubblica Bacone. In questo caso a occuparsi del progetto è stato l’artista portoghese Pantonio, che ha raffigurato delle creature a metà tra pesci e uccelli. Prima di lui, Lucamaleonte ha creato un murale su una parete di un complesso di case popolari in via Palmanova, raffigurando un gigantesco lupo che esce dal bosco. Ha riscosso grande successo anche il murale di Fabio Petani nel quartiere Gallaratese. La parete su cui ha lavorato misura trentatré metri per undici.

Il lavoro di ingaggio degli artisti prosegue?

Assolutamente sì. La prima fase di questo progetto si chiamava M.A.N.I. (Milano Arte Natura Inclusione) e si è conclusa con questa prima opera al Gallaratese. Abbiamo quindi avviato una seconda fase, creando il Manifestival, che prevede un forte coinvolgimento della cittadinanza di quartiere attraverso delle piccole fiere, nel corso delle quali gli abitanti vengono intervistati per capire quali sono le tematiche che vorrebbero vedere in versione street art. L’aspetto più emozionante è vedere come gli abitanti del quartiere interagiscono con gli artisti. C’è da parte dei cittadini un senso di gratitudine, perché queste opere sono come un faro, che mette in luce aree urbanistiche bisognose di riqualificazione, allontanando lo spettro del degrado. L’ultimo progetto, del quale andiamo orgogliosi è il grande murale dedicato alla pace universale che Shepard Fairey, l’artista americano e fondatore di Obey, ha realizzato nel Gallaratese. Un tema attuale, molto sentito dai bambini del quartiere.

Quali zone di Milano le piacciono?

Sono cresciuta dietro via Pascoli e viale Romagna e forse anche per questo sono così affezionata ai tram e alle filovie, che in questa parte di città sono una presenza fissa. Mia madre era pittrice e seguendo i suoi interessi artistici, negli anni Ottanta ci siamo trasferiti a Brera.

Cosa le piace di più del suo quartiere?

Brera è rimasta fedele a se stessa. La considero una micro-città dentro la città: c’è il mercato in via San Marco, le piccole botteghe storiche, le tipiche chiese in mattoni di epoca tardo-medievale, le vie convertite a spazi pedonali. Trovo esaltante il fatto che a piedi si possa passeggiare da piazza Cordusio a piazza Gae Aulenti. Tanto di capello a sindaci come Letizia Moratti, così lungimirante da mettere in pratica la visione del quartiere Isola e poi di Porta Nuova, oggi cuori pulsanti della città. La verità è che Milano è diventata attraente al pari delle capitali europee.

Ha un motto di vita?

Sono buddista, quindi cito il maestro Tsunesaburo Makiguchi: “Non può esistere una gioia che si possa godere da soli, né una sofferenza che riguardi solo gli altri”.

L’intervista a Veronica Pini è stata pubblicata su Club Milano 72

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