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PERSONE

Massimo Castagna

Uno sguardo a tutto design

In qualità di direttore artistico ha introdotto nuovi materiali a supporto del vetro, come il marmo, il legno e i metalli, per ampliare la funzionalità delle soluzioni d’arredo di Tonelli Design. Nel suo percorso gli insegnamenti dei grandi maestri italiani

 

DI MARCO TORCASIO

17 April 2024

Molte sono le esperienze professionali nel campo dell’architettura: edifici residenziali, hotel, interior design, direzione artistica e design nel settore dell’arredamento, consulenze, progettazione e direzione artistica di punti vendita di arredamento. Così come le importanti collaborazioni italiane e internazionali hanno visto crescere la sua esperienza nello sviluppo del design (Ceccotti Collezioni, Minotti poltrone e divani, Acerbis International, Rossana, Gallotti&Radice, Giorgetti, Henge, knIndustrie, Exteta, Flou). Dal 2019 si occupa della direzione artistica di Tonelli Design, che sta accompagnando in un percorso di evoluzione progettuale.

Mantiene ancora oggi rapporti con il Politecnico, luogo in cui si è laureato nel 1984?

Purtroppo no, ho insegnato per dieci anni ai corsi di Federmobile al Polidesign, ho seguito mia figlia che anche lei ha studiato architettura al Poli ma sono passati alcuni anni, il Politecnico è una fucina che andrebbe frequentata di più.

Ha iniziato la sua attività professionale nel 1986, fondando lo studio AD Architettura. Quali sono stati i cambiamenti più importanti lungo il percorso che ne conseguito?

È passata un’era, il mondo e la professione sono cambiati profondamente e uno studio deve necessariamente evolversi. Oltre ai cambiamenti normativi ho iniziato a lavorare usando il tecnigrafo, poi sono arrivati i CAD ed i BIM, il fax, il cellulare e internet. Oggi mia figlia Martina si occupa di intelligenza artificiale applicata al design e interior design, lavorare in tutto il mondo è normale, tutto è velocissimo.

Uno dei suoi lavori più noti è il laboratorio “Piramide” del comitato scientifico Everest-K2-CNR del Consiglio Nazionale di Ricerca Italiano. Ce ne racconta la storia?

Il promotore di questo progetto è stato lo scalatore bergamasco Agostino da Polenza, credo che già allora avesse scalato più di 8.000 metri ed era molto vicino ad Ardito Desio, che ho avuto l’onore di conoscere, legati dal fatto di avere scalato entrambi il K2. Dalle prime chiacchierate siamo passati al progetto realizzato in tempi folli. Il 17 aprile 1988, alle ore 8, veniva terminata la costruzione della Piramide a Milano, e alle 10 la Fiera veniva inaugurata dal Presidente del Consiglio Ciriaco De Mita. Il giorno dopo, il progetto Ev-K2-CNR venne presentato nel corso di un’affollatissima conferenza stampa, a cui parteciparono anche i cinesi dell’Accademia della Scienza e il Ministro per la Ricerca Scientifica Antonio Ruberti. Alla costituzione del Comitato, che avrebbe dovuto sovrintendere alla direzione scientifica del progetto, seguì l’organizzazione di una segreteria con il compito di fornire informazioni e di supportare i vari gruppi di ricercatori dei differenti istituti. Originariamente, si pensò di collocare la Piramide, completamente autonoma a livello energetico e a impatto ambientale zero, sul versante tibetano del Monte Everest, nella Valle del Tingri, ma nel 1990, grazie a un accordo con l’Accademia di Scienze e Tecnologie del Nepal, risultò più utile e proficuo stabilirsi sul versante nepalese, nel cuore del Parco Nazionale Sagarmatha (nome nepalese del Monte Everest). Non fu soltanto un progetto ma un’avventura bellissima, basti pensare ai 1200 portatori nepalesi che hanno trasportato i singoli pezzi per una settimana di cammino a quasi 5000 metri d’altitudine. La piramide è ancora lì, ha superato terremoti ed eventi naturali, e ha permesso di realizzare molte ricerche scientifiche.

Quali sono le sue collaborazioni più longeve?

Quella con Minotti è durata 23 anni, esperienza bellissima e importante con Renato e Roberto Minotti e Rodolfo Dordoni. Naturalmente Henge, nata 14 anni fa, discutendo a un tavolo con Paolo Tormena dell’opportunità di far nascere questa azienda: abbiamo pensato di realizzare ciò che avremmo voluto avere nella nostra casa e oggi Henge è presente e distribuita in 65 Paesi. Tonelli Design è una nuova grande scommessa, il mondo del vetro è interessantissimo.

Oltre a essere architetto e designer, è anche direttore artistico. Con quali marchi collabora?

Ho lavorato alla direzione artistica di Rossana Cucine, Ceccotti Collezioni, Roda, Exteta, Henge, Acerbis International, Tonelli Design. Oggi non vorrei più definirle direzioni artistiche. In realtà ciò che identifichiamo con questa espressione è un contenitore in cui si fanno entrare molte cose, e il legame con le strategie aziendali è sempre più forte e condizionato. Esiste un rapporto strettissimo tra i temi squisitamente artistici, la comunicazione e le strategie commerciali, ed è necessario costruire una ricetta delle collaborazioni, poiché tutti questi aspetti sono indispensabili per il successo di un progetto.

Come definisce il suo stile e la sua visione dell’architettura?

Mi sono laureato con Cini Boeri, al Politecnico insegnavano Zanuso e Castiglioni, e oltre a questo i miei genitori avevano un’azienda che lavorava il metallo. Nel 1967 arrivò Osvaldo Borsani con Tecno, industrializzarono Graphis, Compasso d’Oro nel 1968. La mia formazione ha segnato il mio approccio, sono affascinato dall’arte e dalla grandissima espressività della materia naturale, che è parte integrante del mio design. Credo di aver aperto questo filone che oggi è sulla bocca di tutti.

Quali sono le sfide contemporanee per chi svolge la sua professione?

Restare al passo coi tempi, anticiparne il senso, imparare a utilizzare i nuovi strumenti della tecnologia senza dimenticare che architettura è una disciplina umanistica.

Milano è una piazza complessa. Quali sono le criticità e i punti di forza di questa metropoli?

Milano in Italia è tutto, è l’hub che ci mette in collegamento con il mondo. Il design e il mondo dell’arredamento transitano tra Dubai, Milano, Londra e New York, ma Milano è il centro del design mondiale. Per dirla in termini calcistici: a Milano si gioca la Champions League del design.

Durante la Design Week accadono molte cose. È ancora cartina tornasole più importante del settore?

Direi di sì, anche se forse la centrifuga dura ben più di una settimana: la fiera ha dei tempi obbligatori, ma in città, che è sempre più coinvolta, si inizia sempre prima e si finisce sempre dopo. La Design Week è il momento in cui tutto si chiude e inizia.

Ha già segnato gli appuntamenti che non intende perdere?

No, a parte gli eventi con le aziende con cui ho a che fare, non programmo nulla, gli incontri e i contatti avvengono casualmente. Oltre alle visite di rito vi sono cose interessanti che non è possibile prevedere e programmare, se ne coglie l’interesse durante lo svolgersi della settimana.

L’intervista a Massimo Castagna è stata pubblicata su Club Milano 71. Clicca qui per sfogliare il magazine.

 

In apertura Massimo Castagana. Foto courtesy Studio Massimo Castagna

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