Le possibilità espansive dei materiali sintetici sono da sempre il suo campo d’azione, alla ricerca di una relazione dinamica tra opera e luogo sociale, tra progettazione dello spazio e partecipazione dello spettatore
DI MARCO TORCASIO
06 March 2024
Il progetto dedicato all’arte contemporanea Visioni Diacroniche, curato da Francesca Colombo, Direttrice Generale Culturale di BAM Biblioteca degli Alberi Milano, e da Ilaria Bonacossa, Direttrice di Palazzo Ducale di Genova, porta al Volvo Studio artisti chiamati a sottoporci la loro visione. Tra questi anche Franco Mazzucchelli, che desideravamo incontrare da tempo. Sin dalle prime esperienze di arte come partecipazione sociale (Alfa Romeo 1971, Volterra 1973), fino ai lavori più recenti, Mazzucchelli, nato a Milano nel 1939, ha sempre aperto la sua ricerca agli spazi pubblici per contaminarli e cercare nelle persone la partecipazione diretta. L’aria è la materia con cui Mazzucchelli si confronta lungo tutto il suo percorso. Leggerezza e flessibilità, contro pesantezza e rigidità per un’arte che non serve per durare nel tempo ma che è destinata a disperdersi. Come gli Abbandoni, poi definiti A. TO. A., opere in pvc create e destinate a inserirsi e perdersi nell’ambiente per generare disturbi temporanei della percezione dello spazio. I colori, materializzati nel pvc, assumono le forme dettate dall’aria veicolata tra le saldature dello stesso materiale plastico nelle opere di Mazzucchelli, ma la sua produzione artistica non si esaurisce soltanto nei famigerati “gonfiabili”.
L’ho chiamata Icosaedro, termine con cui definiamo un qualsiasi poliedro con venti facce. È un’installazione fatta con poco, solo aria a bassa pressione e plastica. Il suo peso totale, malgrado possa apparire monumentale, arriva a malapena a quattro chili. La matematica mi affascina da sempre ma ultimamente mi sto interessando molto alla geometria non euclidea. Nel mio processo di ideazione delle superfici gonfiabili non c’è però la pretesa che il pubblico si faccia carico dei linguaggi matematici, i miei giochi d’aria vogliono solo portare lo sguardo verso i percorsi smisurati della fantasia.
Le possibilità espansive dei materiali sintetici mi consentono di dar forma a una relazione dinamica tra opera e luogo sociale, tra progettazione dello spazio e partecipazione dello spettatore. Inoltre tra le diverse materie industriali il pvc gonfiabile costa poco ed è quello più adeguato agli interventi su grande scala e per le incursioni all’aperto.
Ho iniziato la mia attività nel 1964 con una serie di installazioni gonfiabili realizzate con materiali sintetici. Le ho chiamate Abbandoni e poi A. TO A. (Art To Abandon, a toi) proprio perché le abbandonavo letteralmente nei luoghi pubblici. Ai tempi, pur non avendo bisogno di fare arte per sopravvivere economicamente, ho potuto maturare la convinzione che il mercato uccide tutto collaborando al progetto di un artista a cui erano stati commissionati sessanta quadri in un giorno e mezzo. Per realizzare una mia scultura gonfiabile io potevo arrivare a impiegare anche tre mesi, così crebbe in me il desiderio di abbandonare il mondo dell’arte. La parola abbandono però mi piace molto poiché ne contiene al suo interno anche un’altra, dono. Ed è questo quello che ho sempre fatto: ho donato le mie opere agli altri. Difatti l’osservatore non le contempla mai passivamente, piuttosto le tocca e le modifica fino a muoversi al loro interno, diventando fisicamente partecipe di un evento di cui è attore in tempo reale.
Ho lasciato da parte gli Abbandoni perché non ho mai cercato sponsor e sarebbe diventato molto oneroso sostenere i costi di realizzazione delle opere in autonomia. Oggi, riflettendoci, sarebbero opere impossibili da realizzare poiché mi scontrerei con le normative ambientali vigenti.
Nel 1973 l’esperienza all’interno della Triennale denominata Sostituzione. Ho collocato all’ingresso un enorme massa d’aria incapsulata nella plastica trasparente obbligando il pubblico a modificare l’agibilità dello spazio. Ricordo che per entrare bisognava farsi largo tra il gonfiabile e il muro. Fu una situazione insolita che diventò ancor più interessante quando, nel tagliare il polietilene durante lo smontaggio, le persone si introdussero spontaneamente all’interno manifestando reazioni curiose.
A partire dagli anni Novanta ho intrapreso una ricerca sull’estetica dell’arte, denominata Bieca Decorazione o semplicemente “BD”. Dopo circa un decennio di silenzio creativo, guardandomi intorno constatavo come la mercificazione dell’arte che avevamo tutti criticato fosse la regola e soprattutto che si mascherava il legittimo bisogno di ogni artista di vendere le proprie opere. Ma qualsiasi opera d’arte, anche quella portatrice del più elevato contenuto ideologico, una volta appesa diventa decorazione e assume un significato completamente diverso dall’originale intenzione artistica. Così ho voluto definire la mia serie di quadri gonfiabili “bieca decorazione” con autoironia, e cinismo forse, ma non in senso spregiativo.
Milano è la mia città e ringrazio sempre tutti quelli che mi coinvolgono in iniziative e progetti d’arte. Penso ad esempio ad Aria, terra, acqua messo in piedi in occasione della Design Week 2023, un doppio intervento che ha interessato il Giardino Giancarlo De Carlo della Triennale di Milano e la Darsena dei Navigli.
L’intervista a Franco Mazzucchelli è stata pubblicata su Club Milano 70. Clicca qui per sfogliare il magazine.