Sono passati 18 anni da quando Luca Gnecchi Ruscone, owner e CEO L.G.R, venne ispirato dal ritrovamento di una scatola di occhiali d’epoca proveniente dal negozio di foto-ottica del nonno in Eritrea. Un heritage fondamentale ancora oggi.
DI GIULIANO DEIDDA
29 November 2022
Classico, elegante e contemporaneo.
È un equilibrio difficile continuare a mantenere il proprio DNA, basato su un heritage che arriva dagli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta del Novecento. Oggi vendiamo quel mondo ai trentenni e ai quarantenni contemporanei. È essenziale restare legati alle basi, perché sono le fondamenta del brand. Qualsiasi evoluzione e novità parte sempre da lì. L.G.R è classico, ma mai noioso. Il fatto di poter vantare davvero una storia è il nostro vantaggio, per cui ce la teniamo stretta, pur guardando sempre oltre. I trend e le mode vanno e tornano, ma avere alla base sostanza, concretezza e sicurezza fa la differenza. Sventolare semplicemente la bandiera dell’ultimo trend lascia il tempo che trova, perché si tratta di fenomeni ciclici. Le montature tartaruga e le lenti verdi, continueranno sempre a tornare di moda, ma chi ha un’identità forte non ha bisogno di puntare tutto su queste ondate. Per questo resto aggrappato alla mia storia.
All’inizio ho cominciato a lavorare con delle realtà piccole perché avevo bisogno di trovare qualcuno che producesse i miei occhiali. Sono arrivato a loro dopo diverse ricerche e questa soluzione è stata il vero vantaggio di L.G.R. Continuo a lavorare con due di questi laboratori artigianali ancora oggi, anche se nel frattempo ho implementato la produzione con realtà più grosse. Dal momento in cui i numeri attuali mi permettono di avere un diverso potere contrattuale rispetto alle origini, posso chiedere anche ai grandi di realizzare gli occhiali come voglio io. Per esempio, le mie montature sono caratterizzate dalla lucidatura a quattro fasi, realizzata con quattro paste diverse, con cui si ottiene un finish particolare, che dà qualcosa in più agli occhiali. La differenza si sente anche al tatto. I vecchi artigiani continuano comunque a sviluppare prototipi e produzione. Grazie alla mia rete artigianale, sono stato in grado all’epoca di diventare il primo produttore italiano dell’eyewear di Loro Piana, dal 2011 per tre anni. Mi ricordo ancora il primo incontro con Sergio e Pier Luigi Loro Piana, la loro competenza e attenzione ai dettagli e alla qualità. Quell’episodio mi ha dato un enorme coraggio. Oggi continuo a collaborare con la famiglia, con il brand Sease, di Franco e Giacomo Loro Piana, i figli di Pier Luigi. Artigiani e qualità sono alla base di tutto, diversamente puoi anche fare un boom, ma rischi di scomparire altrettanto velocemente.
I materiali principali sono l’acciaio e l’acetato di celluloide. Quest’ultima scelta è legata anche alla lucidatura, che dà il suo meglio nei modelli tartarugati. Per le lenti invece, prediligo il vetro naturale Barberini.
Penso che la sostenibilità stia diventando un trend mediatico, con delle forzature nella sua comunicazione. L’unico materiale totalmente sostenibile nella costruzione degli occhiali è il vetro delle lenti. Ovviamente, facciamo tutto il possibile, per esempio abbiamo eliminato la plastica dal packaging, tra l’altro di produzione italiana, il che significa risparmi in termini di emissioni dovute a spedizioni da paesi lontani. Per evitare gli sprechi, inoltre, l’acetato nero è realizzato con gli scarti degli acetati di altri colori. L’unica via alla sostenibilità è quella di consumare meno. Nel nostro caso è meglio realizzare occhiali che durino nel tempo, begli oggetti di qualità.
Tutto nasce da una vecchia foto del mio nonno paterno, un ufficiale, in partenza per la seconda guerra mondiale. Indossava degli occhiali tondi con delle lenti che sembravano quasi specchiate, ma all’epoca non esistevano. Un ragazzo che lavorava nel mio magazzino, dopo aver trovato un modello simile, ha provato a riprodurli. C’era però l’incognita delle lenti, mi sono rivolto allora a Barberini che ha spiegato che si trattava di lenti piatte. Nonostante avessero disponibilità, non volevano utilizzarle, ho dovuto insistere e il Reunion è diventato realtà, anche con questo elemento originale.
Il passaparola è stato importantissimo. Devo molto a Carine Roitfeld, all’epoca direttrice di Vogue Francia, che è stata la prima a intervistarmi. L’incontro è avvenuto nei suoi uffici e, apprezzando molto i miei occhiali, li ha regalati a diversi tra i suoi contatti influenti, come Tom Ford e Mario Testino. Da lì e nato tutto, anche perché all’epoca esistevano solo i grossi brand, certi personaggi invece volevano distinguersi. Ho iniziato a trovare foto di VIP sul web e da allora il fenomeno non si è più fermato.
All’inizio avevano lo scopo di farmi conoscere. La prima collaborazione, molto centrata, è stata con Antonio Marras, nel momento giusto per entrambi. Da lì ho imparato che collaborando con altri marchi, anche diversissimi, si ottengono vantaggi reciproci. L’ultima, con la designer spagnola Maria de la Orden, mi ha permesso per esempio di vedere i miei prodotti declinati in colori accesi. Quella con Automobili Amos, invece, mi ha aperto da qualche anno un mondo di collezionisti di automobili che prima non conoscevano L.G.R. Ora stiamo lavorando a un inedito modello sportivo fasciante in collaborazione con un importante studio di design, di cui non posso anticipare altro, perché vedrà la luce nel 2023.
Vogliamo partire dall’Europa, Parigi, Madrid, Londra e Monaco di Baviera. Seguiranno gli Stati Uniti. Lo scopo è quello di diventare un marchio globale sempre alla portata del consumatore, passo dopo passo.
Soprattutto uomini fra i 35 e i 60 anni. Il nostro è un marchio più maschile, anche questo lo differenzia dagli altri, nonostante puntiamo molto anche sulla donna.