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Arnaldo Pomodoro

Arnaldo Pomodoro, addio a un gigante

L’artista si è spento a Milano, sua città adottiva, il 22 giugno 2025, alla vigilia dei 99 anni. Una vita dedicata alla scultura, alla materia e alla ricerca del significato nascosto dietro le forme pure della geometria. A partire dalle iconiche sfere in bronzo

DI MARZIA NICOLINI

23 June 2025

È venuto a mancare domenica 22 giugno nella sua casa di Milano, Arnaldo Pomodoro, a pochi giorni dal suo 99° compleanno (era nato il 23 giugno 1926, Ndr). La notizia, diffusa dalla Fondazione a lui intitolata, lascia un segno profondo nel panorama artistico contemporaneo, permeato dal suo uso della materia e dall’inserimento delle sue sculture nei luoghi pubblici, a partire dalle piazze cittadine. Le sue celebri sfere di bronzo, lisce all’esterno e fragili all’interno, sono ritrovabili in giro per il mondo: dalla Pigna dei Musei Vaticani all’ONU di New York.

Addio a un artista visionario del Novecento

Nato a Morciano di Romagna il 23 giugno 1926, Arnaldo Pomodoro intraprende inizialmente studi da geometra a Rimini, ma presto scopre la passione per il metallo e la scultura. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta si afferma a Milano, dove entra a far parte del gruppo Continuità, al fianco di artisti del calibro di Lucio Fontana. Nella sua formazione rientrano esperienze come orafo, scenografo e designer, con incursioni in diversi ambiti, dal teatro al restauro urbano. Nel corso del suo secolo di vita, Pomodoro ha insegnato negli Stati Uniti e ricevuto riconoscimenti prestigiosi, dal Premio Internazionale di Scultura al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1960 al Praemium Imperiale per la Scultura, assegnato nel 1990 dalla Japan Art Association. Da sapere: è nel 1966, con la Sfera con sfera realizzata per l’Expo di Montréal, che Pomodoro avvia un linguaggio scultoreo monumentale che lo avrebbe reso celebre a livello globale.

Un universo di forme e contrasti messo a disposizione del grande pubblico

Di Pomodoro si può dire che ha tradotto la materia in narrazione. Le sue sfere di bronzo presentano superfici perfette che si aprono in strutture interne fragili e complesse, metafora potente della condizione umana. Le prime di una lunga serie sono state esposte nel Cortile della Pigna ai Musei Vaticani, all’ONU a New York, nella Farnesina e in decine di città del pianeta, tra cui Milano, Dublino, Los Angeles, San Francisco, Tokyo.

Tra le opere pubbliche più imponenti da citare la Lancia di luce (1984-91) a Terni, obelisco di trenta metri in bronzo; il Grande Disco (1972) a Milano, diventato uno dei simboli più riconoscibili della città; l’obelisco Novecento all’EUR di Roma; la Colonna del viaggiatore a Spoleto. A queste si aggiungono oltre duecento opere pubbliche permanenti in spazi urbani, università e piazze in Europa, Stati Uniti, Asia e Australia.

Pomodoro ha anche lavorato come scenografo e costumista per la lirica, collaborando con Luca Ronconi e partecipando a produzioni nei più grandi teatri italiani, dal Regio di Parma alla Scala. Per Pomodoro, l’arte non doveva rimanere chiusa nei musei: «L’arte deve uscire dai musei ed essere fruibile da tutti», ha dichiarato in un’intervista a RaiNews nel 2025. Le sue opere, protagoniste silenziose e potenti di luoghi pubblici e aree di passaggio, invitano a riflettere sulla complessa interiorità dell’essere umano. Con la sua scomparsa si chiude un capitolo fondamentale dell’arte novecentesca, ma le sue “sfere” continueranno a farsi notare nelle piazze, a far riflettere e a raccontare la tensione tra forma e corpo, tra materia e anima. Come da sua volontà.

Pomodoro Grande Disco, 1972 – Milano, Piazza Meda – Ph. Francesco Radino

Pomodoro, Grande Disco, 1972, Milano, Piazza Meda. Foto di Francesco Radino
In apertura, Arnaldo Pomodoro, 2014. Foto di Veronica Gaido

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