Compasso d’Oro ADI 2020, Francesco Dondina, classe 1961, è visual designer, docente e curatore di mostre, manifestazioni e libri legati alla grafica e al design della comunicazione. Per la nostra città sogna un futuro ancora più internazionale e progetta la seconda edizione del Milano Graphic Festival
DI PAOLO CRESPI
12 April 2023
Nel 2022 si è tenuta la prima edizione del Milano Graphic Festival, un festival diffuso, dedicato alla grafica e alle culture visive, qualcosa che a Milano ancora mancava. È andata molto bene, direi, grazie anche all’effetto sorpresa e poiché siamo riusciti a coinvolgere molte delle principali organizzazioni e istituzioni del settore. Per il 2024 (le date sono in via di definizione ma si terrà nuovamente a fine marzo) stiamo dialogando anche con realtà come La Triennale che lo scorso anno, per motivi tecnici, non aveva potuto essere presente.
Milano Graphic Festival sarà biennale per una scelta precisa: evitare il sovraffollamento in una metropoli già molto ricca di eventi e avere il giusto tempo per preparare tutti i contenuti con il massimo della cura e della concentrazione.
La grafica è parte del design, una parte sostanziale, strategica. Ma a volte è percepita in posizione secondaria, di subalternità rispetto al design del prodotto che è più visibile e forte, anche economicamente. Da un punto di vista pratico, invece, la grafica è dappertutto e ha una funzione importantissima. Bene che se ne parli tanto, che la si promuova. Al di là del festival, una delle iniziative ad hoc sono delle conferenze che teniamo regolarmente negli spazi ideali dell’ADI Design Museum di Milano: le Graphic Design Lectures avviate nel 2015, l’anno di Expo.
I contenuti su cui lavoriamo per le nostre conferenze del giovedì sono sempre legati ai grandi temi della contemporaneità, come la sostenibilità e i giovani, una parte fondamentale del nostro pubblico, fatto anche di non addetti ai lavori. Il criterio di selezione degli ospiti è quello delle differenze: nella formazione, nei linguaggi, nelle età. Il prossimo appuntamento sarà il 27 aprile con Alessio D’Ellena, noto type designer milanese, e a seguire, tra maggio e novembre, avremo Francesco Messina/Polystudio di Udine, Francesco Ceccarelli/Bunker di Modena, Camuffo Lab di Venezia e Stefano Tonti di Rimini. Insieme rappresentano le tante anime di questo mondo.
L’attività didattica accompagna da sempre quella professionale. Io ho iniziato a insegnare abbastanza presto. Se si svolgono attività didattiche legate alla progettazione, è indispensabile che il docente sia un professionista, proprio per l’apporto dell’esperienza che viene dal campo, dall’agire nell’ambito del mercato e del mondo del lavoro. Tutte le scuole di design sono orientate da anni in questo senso. Poi naturalmente ci sono corsi di tipo storico-teorico che possono essere svolti da insegnanti “puri”. Per me la didattica è un’esperienza che arricchisce enormemente. È molto utile, per chi fa il nostro mestiere, rimanere costantemente connessi alla sua evoluzione. Il modo stesso di concepire la professione cambia significativamente da una generazione all’altra. Anche per questo motivo la maggior parte dei collaboratori che ho avuto negli anni sono miei ex studenti.
Io ho uno studio dall’86 (Dondina Associati, NdR) e di qui è passata tanta gente. Tuttora con me c’è Fabrizio Falcon, che a suo tempo frequentò la scuola Bauer, ex Umanitaria, e che porta avanti l’attività nel mio studio contemporaneamente a un suo percorso autonomo, basato in particolare sul type design, l’ideazione dei caratteri tipografici.
Con la galleria Antonio Iannone abbiamo curato parte grafica, catalogo, inviti e identità di Marco Zanuso Jr. In occasione del Salone del Mobile, inoltre, abbiamo preparato una selezione d’autore per le vetrine della libreria Hoepli, punto importante a Milano per la grafica e il design in generale. E domenica 16 aprile a Drop City, in via Sammartini, dedichiamo una giornata alla celebre design conference che si tenne ad Aspen, in Colorado, nel lontano 1989, e segnò l’incontro fra design italiano e mondo statunitense. Sarà l’occasione per riparlare di quell’evento storico e verificarne l’attualità.
Sono nato e cresciuto a Milano e sono uno stanziale, anche se per qualche anno il mio studio ha avuto una sede anche a New York, quand’era funzionale averla. Mi ritengo un privilegiato perché vivo e lavoro nella cerchia interna, in zona Sant’Ambrogio. Ma per il mestiere che faccio e la curiosità che devo mantenere viva mi piace frequentare tutte le aree della città. In questi anni, ad esempio, attraverso varie azioni del festival, ho avuto modo di conoscere meglio la zona tra viale Certosa e via Varesina, assistendo alla sua rinascita.
La città ha molto bisogno di design. Pensiamo alla segnaletica, che per noi è un tema specifico. Una nicchia, se vogliamo, ma fondamentale. Come diceva sempre Bob Norda, che è stato un grande maestro, autore negli anni ’60, insieme a Franco Albini, della famosa Linea 1 della metropolitana, la segnaletica è il design dell’accoglienza, svolge un servizio primario nei confronti degli utenti, dei cittadini, dei turisti… Beh, Milano oggi ha notevoli problemi di segnaletica, rispetto a molte altre città con cui si deve confrontare. Mentre siamo molto attrattivi da un punto urbanistico e architettonico, per disattenzione e mancanza di cultura visuale scontiamo sul quel versante un ritardo cronico. L’antidoto? Basta imparare da quelli bravi, essere più curiosi, sporgerci dai nostri confini. È sufficiente andare in Svizzera, che ha una cultura forte e ben radicata. La grafica italiana ha una componente che viene da lì eppure noi non siamo stati capaci di creare una storia, una tradizione. Istituzioni e grandi aziende non sanno ancora bene come affrontare la cosa e offrire al mondo che ci guarda una segnaletica di qualità.
Oggi i linguaggi sono meno precisi rispetto a un tempo. La tecnologia ha portato grandi trasformazioni anche nel modo di produrre, di fare le cose. Quindi i confini non sono (o non dovrebbero essere) più così netti. Ma anche storicamente c’è sempre stato un grande legame fra esperienza artistica e visual design, grafica. In passato, soprattutto. Se pensiamo all’esperienza del futurismo, che è stato un movimento artistico multidisciplinare, la relazione era strettissima. Oggi meno: i progettisti, salvo eccezioni, non sono così esperti e attenti all’arte contemporanea che fiorisce in giro per il pianeta
Milano deve un po’ svecchiarsi. Superando gli snobismi di gente che pensa ancora di essere al centro del mondo. Dalla fine degli anni ‘50 fino ai ‘70 Milano è stata importantissima, successivamente lo è stata ancora con il made in Italy legato alla moda (personalmente ho visto nascere Armani, Krizia, Moschino…), un fenomeno esplosivo. Oggi però non è così, bisogna rimettersi in moto e imparare dai migliori.
La campagna di grandi affissioni che Triennale ha lanciato per i suoi primi 100 anni. Il linguaggio è quello innovativo di uno studio di giovani di Bolzano e l’impatto è molto forte, contemporaneo, un po’ scioccante, perché fuori dai canoni abituali. Oggi più mai ci vuole un po’ di coraggio, un’iniezione di energia: non può fare che bene.
Grazie della domanda. Le olimpiadi e para-olimpiadi invernali sono sicuramente un appuntamento clou dell’agenda milanese su cui tutti dovremo concentrarci per dare il meglio anche nella comunicazione visiva di un evento sportivo di portata mondiale.