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PERSONE

Delfino Sisto Legnani

Dettagli non trascurabili

Il suo approccio progettuale alla fotografia gli ha permesso di diventare un riferimento nell’architettura e nel design. Delfino Sisto Legnani colleziona con entusiasmo tutto ciò che è dettaglio conferendogli nuova luce.

DI MARCO TORCASIO

02 November 2022

Ti attende un volo per Dubai. Stai fuggendo dalla fashion week milanese?

Non proprio, in realtà sto partendo per lavoro.

Il mondo della moda pero? lo conosci bene...

Ho iniziato a lavorare come fotografo scattando per Vogue Italia, perlopiù ritratti durante gli eventi. La produzione editoriale di moda oggi occupa il 5% del mio lavoro, mi dedico soprattutto al design, all’arte e all’architettura.

La folgorazione per la fotografia è avvenuta già ai tempi degli studi al Politecnico?

Dopo la laurea in Architettura ho conosciuto Ramak Fazel, fotografo iraniano che ha vissuto in Italia per circa quindici anni lavorando con importanti magazine del mondo del design. Grazie a Ramak ho capito che non avrei potuto ignorare la mia vocazione per la fotografia, anzi l’avrei tra- sformata in lavoro vero e proprio. Ho iniziato così a lavorare nella sua bottega che ha rappresentato di fatto la mia formazione.

Che cosa caratterizza il tuo processo di ricerca e di produzione?

L’attività di ricerca trova tempo quando io decido di darle del tempo. Mi dedico a quello che mi piace: dall’architettura al reportage, alla fotografia documentaria.

Tra particolari, panorami e astrazioni che cosa cattura la tua attenzione?

Il cambio di scala è una costante dei miei lavori. Nelle immagini mi piace poter leggere i dettagli più intimi. Utilizzo questa modalità espressiva per rappresentare in modo concreto la complessità della realtà.

Come strumento di conoscenza utilizzi anche il collezionismo?

Ho un approccio collezionistico alla vita. Colleziono dettagli.

Dopo Ramak Fazel, altre conoscenze hanno inciso sul tuo percorso professionale?

L’incontro con il designer Enzo Mari, ad esempio. Ma anche con Joseph Grima e Nathalie Du Pasquier.

Cosa ti ha portato alla realizzazione del progetto fotografico Fragments (2016) per Fondazione Prada?

Mi è stato commissionato direttamente da Rem Koolhaas, artefice del progetto architettonico della Fondazione. A partire dalla varietà di edifici che compongono la nuova sede ho realizzato dei collage di immagini composti da frammenti visivi di elementi funzionali solitamente oscurati. Proprio a testimoniare la complessità della monumentale struttura museale. Quando sono su un progetto mi preoccupo di portare a casa anche un corredo di fotografie di backstage, che vanno a rimpolpare un side project in divenire sull’architettura a cui sto lavorando da molto tempo.

Vedrà mai la luce?

È possibile, non so ancora quando ma accadrà. Va avanti da sempre e fa parte di quell’idea di collezionismo di cui parlavamo prima.

Lo scatto che abbiamo scelto per la copertina di questo numero è già comparso nel volume Ingressi di Milano di Taschen. Com’e? andata?

Milano è nota anche per la sua architettura che nasconde nelle grandi strade del centro sontuosi palazzi con altrettanto affascinanti entrate. Karl Kolbitz ha realizzato un libro proprio per celebrare gli ingressi più spettacolari. Le foto presenti nel volume sono mie, di Paola Pansini e Matthew Billings. Gli scatti sono stati il frutto di giornate trascorse per le strade della città: abbiamo girato per Milano con la mia macchina scegliendo di fermarci quando qualcosa catturava la nostra attenzione. Per realizzare alcune foto siamo entrati negli edifici fingendoci studenti del Politecnico.

Emerge una certa milanesità da quella foto?

Ci troviamo in via Vittorio Veneto, e c’è parecchio sole. Questo non è molto milanese. Lo sono i materiali, la maniglia che potrebbe essere di Lucio Fontana – bisognerebbe verificare – e il fatto stesso che l’edificio abbia un vestibolo prima dell’ingresso vero e proprio, posto dopo la seconda porta.

Anche tu sei molto milanese?

A Milano ci sono nato. Amo attraversarla da un capo all’altro in moto, sia d’estate sia d’inverno. Amo i suoi edifici, che invece da bambino non riuscivo a comprendere veramente. Sono poche le occasioni di scontro con la città: la bruttezza degli aeroporti, la mancanza di taxi, il pavé sconquassato. Tanti gli elementi di contatto: Milano è una città a suo modo accogliente, chi è onesto e ha voglia di “sbattersi” qui può trovare la sua strada.

L’intervista a Delfino Sisto Legnani è stata pubblicata su Club Milano 64. Clicca qui per sfogliare il magazine.

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