Al centro delle collezioni maschili per la prossima primavera estate non ci sono effetti speciali, ma l’obiettivo di proporre personalità e coerenza, per un pubblico sempre più consapevole e in grado di scegliere
DI GIULIANO DEIDDA
09 October 2023
Le settimane della moda maschile andate in scena all’inizio dell'estate hanno di sicuro lasciato l’impressione che l’approccio al menswear si sia definitivamente evoluto in una direzione contemporanea, caratterizzata da una libertà di espressione che un tempo era prerogativa esclusiva dell’abbigliamento femminile. Si è trattato della consacrazione di un processo di sradicamento di regole e stereotipi iniziato decenni fa, prima da svariate tribù e sottoculture giovanili, in seguito supportato dalle passerelle delle griffe e dei designer più estremi. Siamo oggi a un punto in cui, purtroppo o per fortuna, vale tutto e niente, non esistono più le uniformi, che identificano classe sociale o gruppo d’appartenenza, e nemmeno i diktat delle tendenze da passerella. In questo contesto, diventa essenziale la visione d’insieme, il modo di rappresentare uno stile preciso durante una sfilata. Lo styling gioca più che mai un ruolo fondamentale, soprattutto dal momento in cui è diventato parte della quotidianità dell’uomo della porta accanto, perché oggi è lui che beneficia consapevolmente e con un certo compiacimento della libertà di espressione di cui parliamo. Per questo l’armonia degli outfit che sfilano, oltre a essere una questione puramente estetica, deve anche avere una componente di naturalezza e verosimiglianza con al realtà. Quando uno styling funziona, ci deve essere un equilibrio sottile tra abbina- menti e contrasti, per avere un risultato coerente e il più riconoscibile possibile.
Ogni designer e brand parte ovviamente dalla propria identità, che garantisce una chiave di lettura precisa, per esplorare lo stile della contemporaneità, un melting pot di formale e utility, maschile e femminile, passato e futuro. Anche per queste ragioni, per celebrare i primi cinque anni da Dior Men, Kim Jones ha voluto citare nella collezione primavera estate 2024 i grandi nomi che hanno fatto la storia della maison, rielaborando le silhouette di Yves Saint Laurent, i ricami di Gianfranco Ferré, i cabochon dello stesso Christian Dior e le texture di Marc Bohan, inserendoli in un caleidoscopio di eccessi pop, suo marchio di fabbrica, declinati in modo bilanciato in accostamenti moderni tra lusso e casual. Marco De Vincenzo, invece, ancora alle prime stagioni della sua direzione creativa da Etro, cerca un’affinità elettiva con l’heritage del brand, caricando i look presentati di un immaginario molto personale e dal forte simbolismo, trasportando nel presente l’approccio visionario caratteristico del marchio.
L’ultima edizione della settimana della moda di Parigi è stata soprattutto teatro dell’atteso esordio di Pharell Williams al timone di Louis Vuitton, il cui primo intervento si è rivelato decisamente d’impatto. L’impressione è quella di un remix dei codici estetici del colosso francese, arricchito da citazioni provenienti dal background dell'artista nella moda, da Chanel a Moncler, a partire dal Damier pixelato dall’effetto camouflage, utilizzato per capispalla e accessori che arricchiscono look in cui il formale e lo street convivono perfettamente, dedicati a ragazzi disinvolti di oggi e di ieri. Uno dei punti di forza dello styling contemporaneo è proprio quello di normalizzare anche i pezzi più forti, dimostrando che possono essere indossati con naturalezza da chiunque, o quasi, nella quotidianità. Miuccia Prada è sempre stata maestra in questo e anche l’ultima sfilata maschile, del marchio che porta il suo nome, ha visto sfilare una carrellata di ragazzi che sfoggiavano con estrema nonchalance combinazioni di pezzi normalmente incompatibili, come un giaccone di ispirazione nautica sopra una giacca tre bottoni di derivazione Mod, o un gilet multitasche in eco pelliccia sopra cortissimi shorts e derby dalla punta squadrata. Gli shorts sempre più corti sono stati una costante di quasi tutte le passerelle maschili, compresi i boxer intimi, che Paul Smith ha voluto mostrare in abbinamento agli abiti sartoriali, indossati dai modelli senza i pantaloni, che invece erano tenuti in mano, come per suggerire che lo styling deve essere estremamente curato anche nei particolari nascosti. Del resto la collezione, intitolata The Suit (But Different), parte da un percorso all’interno dell’archivio dello stilista a Nottingham, per raccontare in modo nuovo l’abito appunto. Come ha detto lui stesso, “La sartoria è spesso considerata un’attività seria, ma io ho sempre desiderato mostrare quanto ci si possa divertire con essa, soprattutto oggi. Se da un lato questa sfilata è un omaggio agli abiti e alla sartoria come arte, che richiede enorme abilità e competenza, dall’altro si tratta di riportare l’umorismo e la gioia nel vestire con eleganza. Lo si vede nei look di ispirazione militare, così come in quelli che si ispirano all’abbigliamento formale”.
Caduti tutti i paletti, si può finalmente scegliere come apparire, con leggerezza, e ridefinire l’estetica maschile, o meglio, le estetiche maschili, seguendo le proprie inclinazioni senza vincoli. L’interpretazione di Dries Van Noten di eleganza contemporanea, per esempio, è un esercizio di stile perfettamente riuscito, che mescola con gusto e gioia il meglio di tutti i mondi, in un gioco di sovrapposizioni che include pezzi formali, street e perfino camicie e shorts in paillettes. Anche la visione di Pierpaolo Piccioli si propone di ricodificare i codici della sartorialità maschile, puntando su abbinamenti cromatici decisi, quasi pittorici, ammorbidendo le proporzioni e giocando in modo delicato sul contrasto tra pesi diversi.
Questo articolo è stato pubblicato sul Club Milano 68. Clicca qui per sfogliare il magazine.