Evolversi continuamente senza perdere in identità e farlo con successo non è semplice, soprattutto per un brand monoprodotto. Eppure è quello a cui Berwich ci ha abituato. Massimo Gianfrate, direttore creativo del marchio, svela le ragioni di questo successo
DI GIULIANO DEIDDA
26 October 2023
La scommessa del monomarca è stata dall’inizio quella di insistere sulla credibilità economica di un negozio che vendesse solo pantaloni. La scelta di Milano ha inoltre una finalità di vetrina internazionale. Questo format non è infatti replicabile in nessun’altra città italiana e nemmeno nella maggior parte delle capitali estere, dove prevale la distribuzione in grossi mall. Berwich non è orientato al total look, per cui la vetrina milanese è utile alla costruzione di una credibilità funzionale all’esportazione. Un imprenditore non fa degli investimenti per ricevere applausi, ma per andare incontro alle esigenze del mercato, o per modificarle a vantaggio della propria attività. L’apertura dello store è stata inoltre coerente all’evoluzione stilistica di Berwich, il cui gusto è sempre più internazionale, risultato di una contaminazione contemporanea, di cui Milano è uno degli habitat privilegiati.
Da sempre ci siamo orientati su Paesi ad alta densità di popolazione, che sottende una buona percentuale di persone che spendono. Spesso molte capitali della fascia balcanica non vengono considerate dalle aziende, quando invece hanno dei negozi di alto livello. Noi al contrario abbiamo deciso di esplorare questi territori. La nostra espansione all’estero è stata possibile grazie al traffico dello showroom di Milano. La possibilità di toccare con mano la nostra qualità ha fatto la differenza. I buyer sono una comunità, si conoscono tutti e parlano tra di loro. Alla fine l’importante è il sellout. Il segreto di Berwich è la capacità di tenere duro, grazie al fatto di avere una sartoria efficiente e all’avanguardia al suo interno. Grazie a questa dotazione, l’azienda è in grado di andare incontro alle strategie di marketing.
La collezione presentata in un determinato mercato non è mai identica a quella di un altro Paese, a cominciare dalla vestibilità. A volte si commettono degli errori, ma anche questi sono utili. Tutto ciò è possibile quando si è solidi ed è stata fatta una politica di azienda. Non possiamo affermare che i nostri pantaloni vadano bene per tutti, ma ci proponiamo di creare micro capsule che soddisfino bisogni nuovi. Per gli Stati Uniti abbiamo dei pacchetti destinati ai big & tall, l’opposto di quello che accade nelle collezioni giapponesi. Non svuotiamo la nostra identità ma soddisfiamo le esigenze specifiche di ogni mercato. Dal punto di vista dello stile, per esempio, in Giappone sta tornando il fittato e stiamo quindi conquistando fette di mercato in un segmento nel quale prima non eravamo identificati in Oriente. Fino a ora infatti, in quest’area, Corea inclusa, avevamo puntato sull’over.
I miei occhi si illuminano quando penso a quel periodo, io ero un bambino ma avevo due sorelle maggiori. Sono anni che per me racchiudono tante emozioni, riascoltare Through The Barricades degli Spandau Ballet, riguardare i libri fotografici delle vecchie collezioni di Armani, oppure, vogliamo parlare dei campioni di basket dell’epoca? Sono stati anni di esplosione creativa, di rinnovamento, un periodo irripetibile secondo me.
Si tratta della messa in scena della nostra identità culturale. La moda non può vestire tutti ma si deve sforzare di tener conto di tutti. Il messaggio ha a che fare con la crescita e l’evoluzione del marchio e trascende le fasi stagionali. Voglio dire: “Ho pensato a te,” è una scelta radicale. L’idea è quella di raccontare con le immagini tutte le figure che si muovono nella società. Non la considero una campagna, ma un album fotografico che viene riempito anno dopo anno.
Assolutamente sì, è fondamentale per noi accendere i riflettori sull’attività di questa onlus. L’obiettivo è costruire un laboratorio dove far crescere le piante madri immuni alla Xylella e ottenere le certificazioni necessarie. È una battaglia importante che sosteniamo economicamente.
Sono in direzione di India e Cina. Dobbiamo prendere la valigia e partire in esplorazione.
L’intervista a Massimo Gianfrate è stata pubblicata su Club Milano 68. Clicca qui per sfogliare il magazine.