La mania per le co-lab è ben lungi dallo spegnersi, anzi. Mai come in questa stagione si stanno moltiplicando le collaborazioni più inedite e, bisogna ammetterlo, interessanti. Del resto quando si combinano know-how diversi ma complementari, i risultati sono evidenti
DI GIULIANO DEIDDA
25 November 2023
All’inizio quella delle collaborazioni tra brand sembrava una moda passeggera, un fenomeno momentaneo studiato solo per fare notizia. Oggi si tratta invece di una strategia universalmente diffusa e non solo nella moda. Questo tipo di operazione è talmente radicato nel sistema, che ne esistono diverse tipologie: la capsule creata dalla griffe con la catena della grossa distribuzione, da H&M a Uniqlo per intenderci, l’edizione limitata frutto dell’incontro tra una casa di moda e un’azienda automobilistica, la co-lab tra due marchi affini e concorrenti, oppure quella complementare, fra due realtà apparentemente distanti. Alcune riescono, altre meno, altre ancora sono prive di contenuto. Comunque sia, combinare il know-how e l’appeal di due marchi diversi presenta due ordini di vantaggi e opportunità. Da un lato, il risultato, che si tratti di un oggetto esclusivo, di una capsule o di un’intera collezione, è in qualche modo inedito, nuovo e originale, caratteristiche di cui il mercato ha oggi sempre più bisogno. Dall’altro, ognuno dei due marchi coinvolti beneficia nell’essere introdotto al pubblico del temporaneo partner, con la possibilità di implementare la propria audience.
Questa stagione si è rivelata particolarmente ricca di proposte di questo genere, più o meno inaspettate e interessanti, soprattutto per quanto riguarda la moda maschile, diverse delle quali caratterizzate da un contenuto attraente, dai capispalla a calzature e accessori. Naturalmente Moncler non poteva non essere della partita, dal momento che il brand ha fatto delle co-lab una strategia strutturale. All’inizio di ottobre il marchio ha lanciato, tra le altre, una collezione in collaborazione con Adidas Originals, dedicata agli esploratori urbani e non solo, un incontro tra l’estetica alpina e quella street, declinata su piumini laccati lunghi e corti, decorati dai dettagli simbolo del marchio delle tre strisce, mentre le classiche sneakers NMD e Campus sono state contagiate dall’estetica puffy di Moncler. La campagna per il lancio della collezione, con foto di Hanna Moon, ha coinvolto artisti di diversi campi, Gary Card, Ibby Njoya e Kate Tabor, che hanno realizzato delle sculture ispirate ai capi. Anche l’incontro tra The North Face e Undercover, per la collezione intitolata Soukuu, è estremamente attuale, un mix fra l’outdoor e lo streetwear. Il nome evoca la libertà, alla base dell’ispirazione del designer Jun Takahashi, che ha rivisitato, con il suo tocco pulito e moderno, i capi più rappresentativi del brand californiano, tra cui il piumino Nuptse Down Jacket, e i pantaloni 50/50 e Futurefleece. Naturalmente, i pezzi della collezione integrano alcune delle più recenti innovazioni tecnologiche sviluppate da The North Face, Futurefleece appunto, Cloud Down e Dotknit, tutte provenienti dai prodotti delle line top di gamma Summit Series e Advanced Mountain Kit Performance.
Restando nell’ambito delle contaminazioni inedite, all’inizio di ottobre ha debuttato una speciale collezione co-firmata da Maison Kitsuné e Barbour. La quintessenza della tradizione British è stata decodificata dall’irriverenza franco-giapponese del brand di Gildas Loaëc e Masaya Kuroki. Il risultato è una rivisitazione rispettosa ma divertente di alcuni tra i pezzi più amati e riconoscibili del colosso inglese, a partire dalla Beaufort Patchwork Waxed Jacket, in versione colour block. Da segnalare poi la Military Reversible Waterproof Jacket, da un lato nero tinta unita e dall’altro tartan, e gli inediti pantaloni cargo, risultato di un mix di modelli d’archivio di entrambi i marchi.
Paul Smith ha invece deciso di unire le forze con un altro brand emblema dello stile britannico, Mulberry, per realizzare una capsule di dieci pezzi incentrata sulla borsa Antony. Oltre a tre dimensioni dal design classico, sono presenti due nuovi modelli creati per la collaborazione, l’Anthony Clip, una mini borsa a tracolla, e l’Antony Tote. La collezione presenta due temi distinti, ognuno dei quali esalta lo storico utilizzo delle righe di Paul Smith. I modelli nella classica pelle martellata nera presentano infatti la tracolla a righe in tessuto e la fodera in colori accesi. Le altre proposte sono realizzate in morbida pelle di vitello con un audace colour blocking che incorpora il motivo shadow stripe dello stilista, introdotto di recente e creato con una nuova tecnica di goffratura della pelle. La collezione rappresenta il meglio della creatività britannica contemporanea e della tradizione artigianale. Infatti ogni pezzo è stato prodotto nel Regno Unito, negli stabilimenti Mulberry del Somerset per l’esattezza, a zero emissioni di carbonio, dove vengono ancora realizzate più della metà delle collezioni del marchio. Va inoltre sottolineato che è stata utilizzata pelle a zero emissioni di anidride carbonica, un requisito per tutte le borse Mulberry dal 2022, certificata con il più alto standard Gold dal Leather Working Group per le sue prestazioni ambientali.
L’attenzione nei confronti della sostenibilità è anche al centro della capsule appena lanciata da Timberland in collaborazione con Christopher Raeburn. Si tratta dell’ultimo capitolo del progetto Future73, che celebra i 50 anni degli yellow boots. L’azienda ha messo insieme una squadra di creativi influenti della contemporaneità, per realizzare una serie di capsule che si sono avvicendate durante l’anno, Edison Chen, Suzanne Oude Hengel, Samuel Ross, Nina Chanel Abney, Humberto Leon e Christopher Raeburn, appunto. Fulcro della sua collezione sono gli stivale Pull-On, ispirato dalle vele del paracadute, applicando un approccio che prevede la trasformazione di materiali già esistenti, donando loro una seconda vita.
Questo articolo è stato pubblicato sul Club Milano 69. Clicca qui per sfogliare il magazine.