L’artista designer Paolo Gonzato declina la sua ricerca creativa attraverso molteplici media per rappresentare un concetto di arte estesa. Ma soprattutto ama osservare le trasformazioni applicate al suo lavoro, alle persone e ai luoghi
DI MARILENA PITINO
05 April 2023
Mi interessa molto il concetto di arte estesa capace di creare dialoghi con diversi ambiti artistici, anche desueti. La mia è un’idea di arte allargata, dove il limite può essere forzato per coinvolgere aspetti che di solito il mondo dell’arte tende a snobbare o semplicemente trova incongruenti. Mi piace infatti l’idea di ibridazione.
In realtà la geometria non mi interessa affatto. Per me il rombo è una sorta di gabbia dove inserire informazioni, che la maggior parte delle volte non sono scelte direttamente da me. Chiedo a diverse persone, senza esplicitare la destinazione, di indicarmi colori e materiali, che poi vado ad inserire all’interno dell’opera. Così diventano strutture condivise. Il tema della condivisione è infatti un aspetto che mi rappresenta molto. Sto adesso organizzando un workshop al carcere di Ucciardone a Palermo per riqualificare uno spazio condiviso. Il risultato finale è una sorta di puzzle di storie: la somma della ricerca di diversi elementi che ho chiesto di realizzare a ogni detenuto.
La trasversalità. Mi piace lavorare non specificatamente con un media o un ambito. Ho un’idea di apertura in cui l’arte è considerata non arte applicata, ma applicabile a differenti ambiti. Ad esempio Out of stock identifica il mio percorso. C’è tanto della mia storia personale e spesso racconta un avvenimento o persone in modo non esplicito e figurato. Si tratta di un progetto a cui lavoro da vent’anni, che recentemente è stato anche esposto al Museo MAMbo di Bologna, all’interno di una mostra della Galleria Neon. Ma ci sono anche altri interessanti lavori come la ceramica.
Ho sempre inserito all’interno delle mie mostre pezzi in ceramica in piccole dosi dai primi anni 2000. Poi per la mostra del 2013 presso la Galleria APalazzo, ho esposto due vasi scultura. Da quel momento il mio lavoro è aumentato di volume, fino ad arrivare alla mostra Pastiche da Officine Saffi, una galleria specializzata in ceramica.
Ritengo che i materiali determinano il mio lavoro attraverso le proprie caratteristiche, per cui cerco ogni volta di tirare fuori il peggio. Ciò che mi interessa non è creare un’armonia o tendere alla bellezza estetica, ma sfruttare le debolezze.
Con questo progetto mi sono regalato la possibilità di fare qualcosa di più istintivo e immediato. L’idea è nata casualmente. Mi trovavo in vacanza sulle colline intorno a Perugia, ospite a casa di amici, e per segno di gratitudine ho pensato a un omaggio per i padroni di casa. Fuori dalla finestra c’era una rosa rampicante e ho deciso di realizzare un piccolo disegno a pastelli. Da quel momento ho sempre sfruttato la possibilità di disegnare i fiori che trovavo in giro. È un progetto aperto.
Abito a NoLo dal 2007. Quando ho scelto di vivere in questa zona di Milano tutto era a dimensione di quartiere. Mi piaceva molto piazza Morbegno, con la fontana che mi ricordava qualcosa di francese, e per le strade c’erano signore anziane e negozi fuori moda. Mi interessava l’idea di non incontrare nessuno. La riservatezza.
L’idea di trasformazione mi piace a 360 gradi sia nel mio lavoro sia nelle persone e negli spazi. Credo che come in altre città europee a Milano ci fosse la necessità di creare degli hub culturali. C’è gente che avverte il bisogno di colonizzare un luogo dove condividere esperienze con altri simili.
Vivi o morti? Non mi vengono in mente grandi immagini, ma solo Gillo Dorfles, noto per fare le scale al contrario. Mi colpiscono personaggi che hanno una visione meno scontata e non siano legati al famoso immaginario degli anni Ottanta.
Sto lavorando a due progetti per due musei milanesi. Sarò a Lisbona per una mostra sulla ceramica con la galleria Cabana Mad. Con loro farò anche un progetto TheySign per il Salone del Mobile presso lo studio di Matteo Di Ciommo, assistente di Michele De Lucchi, insieme ad altri designer e artisti. E poi in futuro vorrei dedicarmi all’editoria indipendente e approfondire altri materiali come il bronzo, e una dimensione scultorea più ambientale.
L’intervista a Paolo Gonzato è stata pubblicata su Club Milano 66. Clicca qui per sfogliare il magazine.