Dopo aver lavorato nella Factory di Oliviero Toscani, Nicolas Ballario oggi si occupa di arte contemporanea applicata ai media. Insieme a Federica Crivellaro è curatore della mostra Jimmy Nelson. Humanity, in corso a Palazzo Reale fino al 21 gennaio
DI MARCO TORCASIO
05 January 2024
Ci troviamo di fronte a una retrospettiva piuttosto completa del lavoro di Nelson. Ciò che veramente emerge è la comprensione del grande cambiamento avvenuto nel mondo del reportage. Le sue foto hanno un sapore classico e contemporaneo al contempo perché Nelson ha capito che la fotografia non può più competere con la velocità dei mezzi di comunicazione. Con il suo operato sembra chiedersi: “Che cosa può fare uno scatto quando in giro ci sono miliardi di telefoni che stanno ritraendo la realtà?”. E ci risponde: può andare più in profondità.
Una sua fotografia nasce dopo settimane o persino mesi di lavoro. L’autore tra l’altro, per ottenere una qualità eccezionale dell’immagine, si serve di una fotocamera Hasselblad che pesa diversi chili e non è propriamente facile da trasportare. Tuttavia le sue enormi abilità tecniche gli consentono di muoversi nei luoghi più remoti del Pianeta, inerpicandosi nelle foreste dall’Amazzonia, dell’Africa e della Siberia.
Sono esseri umani coscienti della propria immagine. Nelle fotografie di Nelson viene meno la retorica dello scatto rubato o dell’attimo fuggente perché l’artista non ha alcun intento predatorio, al contrario instaura un legame con i soggetti che ritrae facendo sì che prevalga il loro lato umano.
Nelle sue lunghe peregrinazioni in giro per i luoghi del mondo Nelson stabilisce un profondo legame con le persone che vi abitano, prestando meticolosa attenzione alle caratteristiche culturali delle comunità che ritrae, enfatizzando l’unicità e la bellezza di ognuna. I soggetti non subiscono passivamente la fotografia ma attraverso di essa si mettono in connessione con il visitatore che, a sua volta, guarda e comprende.
Nelson è affascinato dall’estetica delle popolazioni indigene. I loro indumenti vivaci, l’artigianato sofisticato e i paesaggi mozzafiato offrono un ricco arazzo visivo che egli cattura con il suo obiettivo. Quando le persone sono incoraggiate ad abbracciare la propria identità diventano più sicure e si genera un effetto a catena di trasformazione positiva.
Viviamo nell’epoca della fotografia ma non esistono più i fotografi. Tutti hanno una macchina fotografia in tasca, di fatto è l’apparato tecnico più diffuso della storia. In questo bombardamento di immagini è sempre più difficile distinguere la qualità, ecco perché ritengo che la vera fotografia sia una caccia al tesoro.
L’intervista a Nicolas Ballario è stata pubblicata su Club Milano 69. Clicca qui per sfogliare il magazine.