Loading...

PERSONE

Matteo Caccia

Matteo Caccia, vedo gente racconto storie

Spesso le storie arrivano a lui per via telefonica o attraverso la radio. L’autore e podcaster Matteo Caccia racconta la sua passione autentica per la narrazione di storie vere, oggi raccolte nel libro Voci che sono la mia. E qui ci svela quella che ha cambiato la sua, di vita.

DI MARZIA NICOLINI

11 November 2022

Nato a Novara nell’estate del 75, Matteo Caccia sfugge alle facili definizioni. Il suo ultimo lavoro è un libro, che titola Voci che sono la mia (edito Il Saggiatore). Scrittore lo è, ma non solo. Nella sua vita Caccia è stato prima attore di teatro, poi conduttore e autore di programmi radiofonici e podcast di enorme successo, tra i quali Storie di rinascita, Pascal, Amnèsia, Oltre il confine. Mosso da una passione autentica per la narrazione, Matteo Caccia è ovviamente un ottimo ascoltatore. Il che è la prima, fondamentale qualità per chi vive raccontando storie. Oggi, però, ad ascoltarlo siamo noi, incuriositi più che mai dal sottotitolo del suo libro: “Come le storie ci cambiano la vita”.

Viene definito podcaster, conduttore radio, autore di programmi radiofonici, attore di teatro, narratore. Come risponde alla domanda: che lavoro fa?

È vero, sembrano esserci tante definizioni, ma alla domanda pura e cristallina rispondo che sono un autore. Di tutto quello che faccio e di come lo faccio: dai programmi radio agli eventi dal vivo, dai libri ai podcast. Il teatro l’ho lasciato da diverso tempo, oggi uso prettamente la mia voce, ma non insceno più un personaggio.

Quando e come nasce e si sviluppa la sua passione per la narrazione?

Ho iniziato a sentire l’esigenza di scrivere cose che mi assomigliassero di più. Quando ho iniziato in radio facevo principalmente programmi di intrattenimento leggero, prestandomi come spalla di comici. Poi mi sono sentito pronto a scrivere cose da un punto di vista più personale. Da lì alla narrazione di storie, il passo è stato molto breve.

Qual è, a suo avviso, il potere del narrare storie a un pubblico adulto?

La verità è che non faccio differenza tra pubblico adulto e giovane. Le storie, per non so quale misteriosa connessione con i nostri neuroni, hanno il fortissimo potere di catturarci, a qualsiasi età, in qualsiasi contesto. Forse perché siamo ne naturalmente attratti, forse perché abbiamo bisogno di esser distratti dalla vita, forse perché vogliamo andare altrove con il pensiero. Ascoltare le storie diventa una sorta di gioco di prestigio che ci regala piacere.

Qual è la storia che ha cambiato la sua vita?

È molto banale, ma ciò che mi ha stravolto la vita è stata la nascita di mio figlio nel novembre del 2020. Una storia che ha modificato ogni assetto della mia esistenza, a partire dalle prospettive. Voglio essere onesto: quella della genitorialità è una bellissima storia, ma è anche molto difficile da vivere e in questo senso trovo sia ancora troppo spesso raccontata con scarsa sincerità, come se non si potesse dire che avere un figlio non è facile.

Dai programmi radio alla scrittura di questo libro. Cosa ha dato l’input al progetto?

Tutto è nato dall’incontro felice con Andrea Gentile, il direttore de Il Saggiatore, il quale mi ha chiesto di mettere insieme alcune delle storie più impattanti che ho incontrato nella mia vita di narratore. Così ho fatto, raccogliendo tra le pagine del libro una serie di storie a mio avviso esemplari. Ma, attenzione, non è un manuale per imparare a raccontare delle storie, quanto più un piccolo saggio che racconta come siamo sempre e continuamente immersi nelle storie. Ritengo che allenarsi a riconoscerle, a dare loro una forma, a farle proprie ci può rendere la vita migliore.

Già da tempo i podcast sono tra i contenuti digitali più richiesti. Lei quando ne ha capito il potenziale?

Chi fa podcast scherza su questa previsione. Ogni anno ci sentiamo dire: questo è l’anno del podcast. La verità è che i podcast vanno forte da diverse stagioni. È cresciuto il livello di attenzione nei confronti del podcast, in primis grazie all’aumento delle società che fanno podcast a livello professionale, e che lo fanno molto bene. È come appassionarsi a una serie Netflix, ma con in palio molta più libertà.

Quali sono le soddisfazioni più grandi che raccoglie con il suo mestiere di narratore?

L’incontro con le persone dà un senso a tutto questo lavoro. Se tu narratore sei in grado di ascoltare per bene una storia e di restituirla con onestà, le persone lo riconoscono e te ne sono immensamente grate. Si formano così inaspettati rapporti umani di amicizia, anche se magari si tratta solo di incontri avvenuti in radio o sulla carta.

Ultimo podcast ascoltato, ultimo film guardato, ultimo spettacolo teatrale al quale ha assistito.

Sto ancora ascoltando Rumore, podcast in più puntate dedicato alla storia di Federico Aldrovandi, ucciso da quattro poliziotti a Ferrara. Molto accurato e molto doloroso. Non ne vado fiero, ma non vado al cinema da tanto: al momento sto seguendo la serie dedicata a Vanna Marchi su Netflix. E poi ho visto The Rescue di National Geographic, che documenta la vicenda di alcuni ragazzini thailandesi rimasti bloccati in una grotta e salvati da una squadra persone. Infine, il teatro: qualche tempo fa ho visto al Piccolo Teatro di Milano lo spettacolo Beckett’s room.

Una storia che non si stanca mai di raccontare, e perché?

La racconto nel mio libro, ma faccio un piccolo spoiling. In pratica c’è questo signore che parla con il padre che non c’è più, essendo morto da poco. Poco dopo riceve la copia di un giornale da Napoli, a lui inviata da un amico. Il giornale contiene due notizie che danno risposta a una domanda che il signore aveva posto al padre, parlandogli sulla sua tomba in un dialogo intimo. La domanda era: papà, adesso mi puoi dire cosa c’è dopo la morte? E quel giornale attraverso due notizie gli dà le esatte risposte. Perché amo questa storia? Perché sembra uscita da un film. È una storia di coincidenze, antefatti, amore per i propri figli, vita e morte. Racchiude l’essenza di quel che per me significa raccontare le storie, ossia renderci vivi e dare vita alle cose.

matteo caccia libro

Matteo Caccia 
Voci che sono la mia 
Il Saggiatore

In apertura, Matteo Caccia ritratto da Ray Tarantino

ARTICOLI CORRELATI


Iscriviti alla nostra newsletter
Utilizziamo i nostri cookies, e quelli di terzi, per migliorare la tua esperienza d'acquisto e i nostri servizi analizzando la navigazione dell'utente sul nostro sito web. Se continui a navigare, accetterai l'uso di tali cookies. Per saperne di più, consulta la nostra Politica sui Cookies.