Editrice de La Nave di Teseo, organizzatrice della Milanesiana, regista di film d’autore, produttrice degli Extraliscio, ama tutte le sue creature ed è veramente se stessa quando pensa e realizza una cosa bella
DI PAOLO CRESPI
08 March 2023
Non rinuncerei a nessun mondo. Per me sono un mondo solo, nel senso che ogni cosa che faccio nutre le altre. Poi per motivi contingenti le distinguo, ma, ripeto, non potrei concepire la mia attività editoriale senza il cinema, o senza la Milanesiana.
Mia mamma è nata ad Argenta, a Santa Maria di Codifiume, quasi o già Romagna. Mio padre a Badia Polesine, ma è cresciuto a Stienta, in provincia di Rovigo, ma molto vicino alla città di Ferrara. Entrambi hanno studiato a Ferrara, per poi trasferirsi a Ro Ferrarese, che sta sulla riva del fiume, attraversato il quale è già Veneto, Polesella. E a Ro siamo cresciuti io e Vittorio, che peraltro abbiamo studiato a Bologna. Ferrara è dunque una città del cuore ma sempre lambita: appartiene alle nostre anime più di quanto appartenga ai nostri corpi.
Non l’ho mai lasciata. Nel senso che ho costruito la mia vita professionale a Milano, a partire dalla fine degli anni Ottanta, la mia identità adulta a Milano. C’è la mia casa, ci sono le persone cui sono legata, Mario Andreose, c’è La nave di Teseo, la Milanesiana. Ma è una storia parallela, accanto alla quale, più o meno visibile a seconda dei momenti, scorreva la casa dei miei genitori, i miei genitori. Io sono a Milano e a Ro, contemporaneamente.
Il tempo ha smussato gli angoli, la competitività, e ora devo dire che non litighiamo mai. Sui grandi sistemi, sui valori di fondo condividiamo molto o tutto. Poi ci sono le occasioni della vita su cui ci si distanzia: qualche scelta politica, qualche intemperanza. Ma anche quando non sono d’accordo con lui, capisco le sue motivazioni e sono sempre dettate da un pensiero limpido.
Grazie a Enrico Ghezzi, a Fuori orario, a Luciano Emmer, ad Antonio Rezza, ad Alberto Pezzotta. Ho scoperto un altro cinema, un modo diverso di guardarlo. Interi mondi che sfuggivano alle sale cinematografiche. Mio padre ne era appassionato, da ragazzo. E negli ultimi anni della sua vita, a Ro, trascorrevamo le sere a vedere in DVD i film di grandi autori. Mia mamma non lo amava molto, e ha passato un po’ di questa distanza a mio fratello.
Il più amato è sempre l’ultimo, Nino Migliori. Viaggio intorno alla mia stanza. Ho appena avuto la notizia della selezione ufficiale ai Nastri d’Argento. Migliori èun grande fotografo, e questo film mi ha legato molto a lui e a sua moglie Marina. In pentola bolle una versione Director’s Cut di questo lavoro. Come tutti i miei film ci ho lavorato con Eugenio Lio, filosofo e teologo. E ognuno di essi è un viaggio nel cinema attraverso la letteratura.
Ombretta Colli e l’Assessore Cadeo mi proposero di pensare a qualcosa per l’estate milanese, visti i miei molteplici interessi. A Milano c’era un dogma: in estate i milanesi non ci sono, dunque non si può fare nulla, figuriamoci un festival. Io raccolsi la sfida e dedicai il festival alla poesia. “Così fallisce e smettono di chiedermi queste cose assurde”, mi dissi. Invece quell’edizione andò benissimo e siamo ancora qui.
Con il mio team sto definendo ospiti e contenuti di un programma molto ricco e articolato. Al momento posso solo anticipare che la conferenza stampa sarà il 5 aprile.
Di Milano mi ha sempre affascinato lo spirito laborioso, il tessuto che tiene insieme imprenditoria, cultura, accoglienza. Questo tessuto, invisibile, ha reso Milano una capitale europea. Non mi piacciono certi aspetti un po’ snobistici ed esibiti.
Allargare la città, non nel senso di portare le cose in periferia, come spesso si sente dire, con un paternalismo che non mi piace. Ma rendere i quartieri più marginali centri di produzione culturale.
Ho seguito una passione, ho pensato a mia madre, mi sono lasciata trasportare dalla loro gioia, dal loro anticonformismo, dalla loro positività. E poi mi ha colpito la genialità musicale di Mirco Mariani. La sua è una dote naturale, un istinto creativo assoluto. Il Carnevale di Viareggio, con i suoi 150 anni, è stata una bellissima proposta, che ha toccato tutti gli ambiti della mia vita professionale: vi sono entrata come produttrice musicale, come editore della Nave di Teseo e di Linus. E devo dire grazie a due persone in particolare, Maria Lina Marcucci e Alan Friedman.
Fare cose belle. Ogni volta che penso e realizzo o contribuisco a realizzare una cosa bella, mi riconosco. E mi dà speranza e energia. Riconoscersi nelle cose che si fanno è “una aspra conquista e un’opera di buio”.
Mio padre era fiero dell’Ambrogino d’Oro e lo sarebbe stato della nomina a Membro della Pontificia Accademia delle Arti e delle Lettere.
La determinazione, l’intuito, la paura di sbagliare. Che sono anche dei limiti.
Passeggiare lungo l’argine del fiume e accarezzare il mio Gatto, che si chiama Gatto, appunto, ed è scorbutico e dolce, in compagnia di Eugenio. Ma penso anche che lavorare sia il miglior modo per raccogliere energie per lavorare. E quindi vivere.
L’intervista a Elisabetta Sgarbi è stata pubblicata su Club Milano 66. Clicca qui per sfogliare il magazine.