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Denis Curti

Denis Curti su LaChapelle, tra spiritualità e miracoli pop

Insieme a Reiner Opoku, Denis Curti è curatore della mostra I Believe in Miracles di David LaChapelle. Grande esperto d’arte, è direttore e fondatore della galleria di fotografia STILL oltreché direttore artistico della Casa dei Tre Oci di Venezia. 

DI MARCO TORCASIO

06 July 2022

Quello in mostra al MUDEC è un LaChapelle inedito?

La mostra parte dalle origini, dalle prime fotografie, però non ha un andamento tipicamente cronologico, è piuttosto un circuito, un cerchio. Ci sono almeno venti foto nuovissime, mai esposte, che LaChapelle ha prodotto durante gli ultimi anni di pandemia. Nel complesso le serie sono tre e restituiscono allo spettatore i più importanti temi su cui l’autore si è concentrato.

Cosa vediamo in mostra?

LaChapelle, come è noto, non ama lavorare con Photoshop. Ciò che vediamo nelle sue fotografie è frutto di una messa in scena, di una vera e propria ricostruzione. È quanto accade in Deluge (2006), ad esempio, in cui ha allagato il suo studio dopo averlo reso stagno. In questa mostra però abbiamo anche rappresentazioni meno eclatanti, con atmosfere più realistiche e un differente uso del colore.

La Natura è protagonista tanto quanto le celebrities?

David LaChapelle vive alle Hawaii, a Maui. Proprio qui ha recentemente scoperto, grazie a un libro, che la cascata in cui si reca spesso a nuotare è la stessa dipinta da Georgia O’Keeffe. Alla celebre pittrice rende omaggio ripercorrendone le orme e ritrovando gli stessi soggetti – fiori e paesaggi – che lei aveva dipinto 80 anni fa.

Tra le tematiche toccate c’è anche l’antropocentrismo. Come se l’artista volesse ribadire che la sopravvivenza umana non può prescindere da quella della Natura…

Esatto. Un’immagine documenta una nave da crociera che si va a incagliare tra i ghiacci. L’opera s’intitola Spree ed è un evidente riferimento, con sguardo critico, al turismo di massa da una parte e allo scioglimento dei giacchiai dall’altra.

C’è spazio anche per la spiritualità?

LaChapelle ha dedicato molta attenzione allo studio della religione e da qui ha voluto rileggere alcuni passi del Vangelo, rimettendo in scena alcune situazioni. Ma il miracolo di cui parla non è una moderna moltiplicazione dei pani e dei pesci, bensì un miracolo umano, compiuto cioè dagli uomini. Ebbene, anche noi uomini possiamo fare dei miracoli: conservando questa Terra così come l’abbiamo trovata, nella sua dimensione antropocentrica ma anche etica e morale; non facendo la guerra; non inquinando.

Il nome LaChapelle è un marchio di fabbrica. Che cosa – in termini artistici – lo ha reso un’icona vivente della cultura Pop?  

David è spesso considerato, a torto, un fotografo superficiale, ma in realtà è un uomo che ha fatto riflessioni profondissime. Noi vediamo solo quello che conosciamo, è vero, ma nei confronti di LaChapelle dobbiamo mettere in atto quella che Samuel Taylor Coleridge definì la “sospensione dell’incredulità”. Cercare di intravedere la verità attraverso le sue opere è uno sbaglio. Dobbiamo piuttosto affidarci e lasciarci conquistare da colui che ci sta raccontato questa meravigliosa storia. La domanda allora diventa: con quali occhi ci apprestiamo a guardare queste fotografie?

In apertura, Denis Curti ritratto da Giovanni Gastel. 

L’intervista a Denis Curti è stata pubblicata sul Club Milano 63. Sfoglia qui il magazine. 

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