C’è tempo fino al 5 novembre per visitare la mostra Drifting Slides alla Fondazione Stelline. Una riflessione sul presente attraverso le opere di 14 artisti che hanno immaginato nuovi scenari intercettando i continui cambiamenti della società
DI MARILENA PITINO
30 October 2023
Drifting Sides è la mostra curata da Giacomo Zaza alla Fondazione Stelline di Milano, un viaggio per scoprire una “filogenesi” della pratica contemporanea nel campo delle arti visive multimediali dagli anni Ottanta fino ai nostri giorni. Una raccolta di esperienze sensibili dove affiorano frammenti di vita per scoprire zone invisibili. «La mostra nasce inconsapevolmente dalle mie associazioni» spiega il curatore. «Ho dato agli artisti un’idea di percorso e dopo mi hanno proposto le opere che ho selezionato e messo in dialogo l’una con l’altra per creare una narrazione». Un percorso che intende raccontare un saggio dell’arte contemporanea. «C’è tutto: dal video al recupero dell’apparecchiatura vintage, alla fotografia, alla relazione con l’intelligenza artificiale, alla scultura, all’oggetto quotidiano, alla stampa ortografica fino a contesti di vita quotidiana».
Benedetta Fioravanti, Valentina Furian, Nicoletta Grillo, Lisa Martini, Giovanna Repetto, Davide Sgambaro sono i sei artisti italiani under 35 selezionati per la residenza, che si è svolta alla Fabbrica del Vapore da fine aprile. «Mi è sembrato importante sperimentare interazioni con artisti età e stili diversi» racconta Zaza. Così nasce uno scambio e un dialogo con otto ospiti internazionali, che tra maggio e giugno hanno incontrato gli artisti residenti nel corso di entusiasmanti incontri aperti al pubblico: Hicham Benohoud, Rui Chafes, Luis Gómez Armenteros, Ange Leccia, Eva Marisaldi, Lina Selander, Enrico Serotti, Driant Zeneli.
Il percorso espositivo cerca quindi di scardinare i codici classici per scoprire nuovi mondi grazie a un allestimento sinuoso dove le quinte svelano ogni singola opera. Ciascun artista racconta un momento di “sbandata laterale” da una traiettoria, slittando verso molteplici aree tematiche: la memoria del passato storico e la memoria condivisa, le fobie attuali e le angosce ataviche, il mistero e lo spaesamento, la percezione sensibile e il desiderio di libertà. C’è l’opera di Giovanna Repetto che esplora la metamorfosi temporanea di spazi reali e virtuali. L’artista sperimenta un’azione di “impronta” di tipo percettivo, cognitivo e sensibile, dentro gli orizzonti della rappresentazione e della idealizzazione contemporanea del mondo. La serie fotografica ShiShi, 2023, in cui titolo allude al nome cinese degli antichi guardiani di pietra ai lati di accesso dei templi, ma non a caso rimanda anche ai Guardiani che si impostano nei visori per realtà virtuale. Le foto documentano alcuni spazi domestici in bianco nero, spazi dal sentore intimo, nei quali compaiono delle linee azzurre virtuali che giocano all’interno dello spazio.
Eva Marisaldi e Enrico Serotti affrontano invece i temi della libertà e della fluidità in una ricerca poliedrica, che passa dal disegno al video, dall’installazione alla fotografia. Le loro opere convogliano spunti per riflessioni sociali e civili, senza alcuna retorica, ma con un’instancabile valenza poetica. Qualsiasi elemento minimo o indizio della realtà diventa vettore di immaginari irrefrenabili. Vengono quindi tracciati sentieri con libere associazioni e peregrinazioni non solo mentali ma anche sensoriali grazie all’uso dell’Intelligenza Artificiale.
È il tema della relazione tra immagine e memoria a guidare Lina Selander. L’installazione The Weight of Images, 2019, di Selander è stata realizzata per la prima volta in Inghilterra, al National Holocaust Centre and Museum (NHCM). L’opera è composta da un tavolo sotto cui, a terra tra le quattro gambe, è poggiato uno specchio che riflette le immagini relative all’olocausto degli ebrei in un video trasmesso da uno schermo collocato all’interno del piano. Sul tavolo, in un cerchio di metallo, ci sono delle mele che il pubblico può prelevare.
C’è poi Lisa Martini che crea associazioni visive e collages di storie improntate sulla vita quotidiana ma reinventate mediante un viaggio immaginifico. Nelle sue opere ritornano i ricordi, la simbologia dei dettagli e degli oggetti, il rapporto tra la sfera delle tradizioni e le nuove tecnologie. Nell’opera Dei nostri giorni invisibili, 2023, l’artista ripropone immagini dimenticate, scovate per caso e rinate dall’oblio, da vecchi rullini. Ci si può sedere su una poltrona per scovare nei cassetti di un vecchio mobile gli album di foto.
L’esposizione è il risultato della terza fase del progetto di residenze d’artista “Progetto Futura. Arte come risorsa esplorativa. Interagire, deviare, attestare”, sostenuto dalla Fondazione Banca del Monte di Lombardia e promosso dal Comune di Milano – Cultura con la partnership della Fondazione Stelline di Milano.
La mostra è visitabile fino al 5 novembre.
Fondazione Stelline
Corso Magenta 61, Milano