Artista visivo, illustratore e scrittore, Lélu è noto per la sua capacità di trasformare i codici della comunicazione visiva in strumenti di ironia e riflessione. Lo incontriamo per parlare del suo percorso creativo, del rapporto tra arte e linguaggio, e di come si possa ancora sorprendere lo spettatore nell’era dell’oversharing
DI MARCO TORCASIO
07 May 2025
Thomas Lélu è un artista visivo e illustratore francese noto per il suo approccio ironico e concettuale all'immagine contemporanea. Nato nel 1976, si è affermato attraverso una produzione eclettica che spazia dalla fotografia al collage, passando per il disegno e il design editoriale. Lélu esplora i meccanismi della comunicazione visiva, giocando con slogan, estetiche pubblicitarie e riferimenti pop. Dopo aver collaborato con numerose riviste e istituzioni culturali, distinguendosi per il suo stile provocatorio e immediato, durante l’ultima Design Week milanese ha presentato un progetto inedito con il brand di maglieria Laneus. L’abbiamo incontrato per conoscerlo meglio.
Ho iniziato a disegnare molto presto, poi a dipingere. Ho fatto le mie prime mostre nei caffè quando ero al liceo, poi sono entrato alla scuola di Arti Decorative di Parigi. Da lì, mi sono interessato alle arti applicate, al design, alla grafica e alla moda. Sono diventato direttore artistico in ambito editoriale e nell’industria dei beni di lusso e, allo stesso tempo, ho pubblicato il mio primo libro: The Manual of Failed Photography. È stato questo tomo a rendermi famoso.
Credo molto prima dei social media, con i libri che sono rimasti il mio mezzo preferito, quindi intorno al 2002. Ma Instagram ha sicuramente aumentato la mia visibilità.
Sono un mix di entrambe le cose: alcune sono rieditate, altre le invento io, altre sono impronte raccolte qua e là, frasi sentite nei caffè, viste durante le manifestazioni…
Tutte le mie frasi sono scritte a mano su quaderni, che poi fotografo con il mio telefono.
Tutti i temi sono trattati, ma diciamo che evito di essere troppo diretto quando parlo di politica. Tutto è politico, secondo me. Preferisco suggerire e lasciare che sia lo spettatore a fare il lavoro.
Ho curato anche libri e mostre per gallerie d’arte. Instagram svolge un ruolo essenziale perché mi permette di condividere, adattare e trasformare la mia pratica. È sia il mezzo che lo strumento. È una piattaforma, un’opera collettiva.
Mi mancano circa 200 metri quadri.
Mi sono autocensurato dopo alcuni commenti molto aggressivi. Questo ha contribuito alla mia decisione di eliminare qualsiasi forma di giudizio politico troppo evidente.
Sono stato contattato dal brand, che voleva lavorare con me. Mi sono piaciute le nostre differenze e, di conseguenza, la sfida che rappresentavano. Mi piace esplorare l’ignoto; sono eternamente curioso. La collaborazione è stata svelata durante la Milano Design Week nello showroom di Laneus, nel cuore delle Cinque Vie, trasformato per l’occasione in un palcoscenico esclusivo con una suggestiva performance dal vivo. La capsule collection comprende tre pezzi di home décor: un pouf, una federa e una coperta. Questi oggetti raffinati e meticolosamente realizzati reinterpretano l’iconico jacquard del brand in toni neutri. Ogni pezzo è adornato con una delle tre frasi esclusive che ho creato appositamente per Laneus: due ispirate all’identità del brand e una pensata come manifesto ironico per il Salone del Mobile. Le frasi sono:
“Make Design Not Content”
“My favorite place is inside your knit”
“I need more cash…mere”
Non conoscevo bene Milano, ma ho adorato la città e la Fiera del Mobile. Sono stato invitato a diversi eventi durante la kermesse e ho apprezzato molto scoprire gli appartamenti e l’energia unica di Milano e della sua storia. Le cose che preferisco sono l’architettura, il cibo e… le barberie. È la prima cosa che faccio quando sono in Italia: vado dal barbiere.