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MUSICA

Andrea Morricone

Commuovere e persuadere in musica

Figlio di un colosso della musica come Ennio Morricone, Andrea (classe 1964) per tutta la vita ha percorso le orme paterne, distinguendosi per la passione e la profondità del linguaggio musicale, e non solo. Lo incrociamo sul Lungo Tevere di Roma poco prima di esibirsi a Milano in occasione di Piano City, il 24 maggio alle ore 19 a Volvo Studio Milano

DI STEFANO AMPOLLINI

23 May 2025

Qual è il valore della musica oggi e cosa vuol dire fare musica nel 2025?

Rispetto al passato oggi il mondo è molto più complesso, pieno di distrazioni. Si può fruire di tutto con grande rapidità, ma non con altrettanta profondità. La sfida più grande per un compositore e per chi fa musica in generale è proprio questo: arrivare al pubblico ed elaborare un linguaggio che sia “attendibile”. La musica deve commuovere e persuadere. Il tema musicale deve essere memorabile, convincere il fruitore, magari sconvolgerlo, e soprattutto rimanere nella sua memoria. Quando la musica è associata a un ricordo allora il compositore ha fatto il suo lavoro, ma la buona musica la può fare solo un buon compositore.

Le nuove tecnologie, i social, l’AI sono un pericolo o un’opportunità per il tuo lavoro?

Non bisogna far finta che questi strumenti non esistano. Bisogna confrontarsi e risolvere il problema. Penso che, se governati, questi strumenti possano essere un valido aiuto, soprattutto nello sviluppo della parte tecnica di uno spartito, ma l’ispirazione e la creazione di un tema musicale non potrà mai arrivare da un software, per quanto sofisticato, o dall’AI. La musica nasce dalla mente e dal cuore e questi fattori non sono in alcun modo replicabili artificialmente. La musica è frutto non solo di una ispirazione, ma anche di un patrimonio di conoscenza che ognuno ha sviluppato in modo proprio.

A quale genere musicale sei più legato e come avviene il processo creativo?

In questo periodo mi sto concentrando molto sulle partiture per orchestra e coro, ma non voglio svelare troppo, anche perché, come diceva mio padre, la musica più bella deve ancora essere scritta. È importante non accontentarsi mai ed esplorare sempre nuovi generi e possibilità. Uno dei momenti più complessi e intimi per un compositore è il rapporto con il foglio bianco. “Quod facere” (cosa fare), è un momento fondamentale in cui ci si interroga davanti al vuoto della carta. Personalmente quando risolvo il problema e trovo l’ispirazione, affronto il foglio bianco in modo veemente. Il tema può nascere in qualsiasi momento. A volte mi sveglio di notte o la mattina presto e registro delle note o dei suoni sul cellulare da cui poi creerò la partitura.

Cosa significa lavorare alle colonne sonore di un film? Da dove parte la scrittura?

Ho avuto la fortuna di avere il migliore dei maestri, mio padre, che mi ha insegnato moltissimo lasciandomi sempre libero di esprimermi, come quando mi chiamò per scrivere un pezzo per Nuovo Cinema Paradiso che poi è diventato un cult. Per scrivere le colonne sonore non c’è una regola fissa. Certamente è fondamentale il rapporto con il registra o lo sceneggiatore. Diverso è poi scrivere per un film o per una serie tv. Durante il concerto a Volvo Studio Milano (24 maggio, ore 19, NdR) in occasione di Piano City porterò la colonna sonora di Ultimo.

A quali artisti e compositori ti sei maggiormente ispirato nella tua carriera?

Prendo ispirazione da tantissimi artisti, non solo del mondo della musica, ma anche da filosofi come Hegel o da inventori come Leonardo da Vinci. Nella musica mi hanno sempre affascinato coloro che hanno rotto le regole e che magari al loro tempo non erano compresi, come Monteverdi, che reputo un genio, o Giuseppe Verdi, che fu bocciato all’esame di armonia. Tra i miei colleghi e musicisti di oggi ammiro moltissimo Ludovico Einaudi, con cui mi piacerebbe un giorno collaborare, o Allevi, per la profondità della sua musica. Ovviamente il primo a cui mi sono ispirato fu mio padre, che ho avuto la fortuna di avere a fianco quando ho iniziato a fare musica.

C’è un momento della giornata in cui lavori meglio o che preferisci per creare musica?

Ho un rapporto speciale con la notte, perché la notte è il luogo dell’assenza, un vuoto da riempire. Spesso nelle ore notturne scrivo o mi esercito, traggo motivi di ispirazione, anche se in realtà sogno più di giorno, a occhi aperti. La notte è fondamentale per ricaricarsi. Un vecchio detto diceva che il guerriero usa il riposo come la spada. È cosi anche per me.

 

Ci lasciamo e Andrea quasi si scusa per le tante citazioni, per i pensieri a ruota libera, per il suo approccio cerebrale con la musica. “Non voglio apparire come un filosofo, non mi interessa. Mi interessa solo fare buona musica”.

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