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CITTÀ

Falchi pellegrini sul Pirellone e altre storie

Nel 2014 due falchi pellegrini hanno fatto il nido sulla cima del Pirellone, dando vita a un piccolo culto, ma la storia degli uccelli milanesi è ancora più ampia e complicata. Abbiamo provato a ricostruirla.

DI VALERIO COLETTA

12 April 2023

Verzellini, cinciallegre e colombacci nei parchi e nei cimiteri, rondoni in volo alto, ballerine bianche e codirossi spazzacamino sui tetti delle vecchie costruzioni, ma anche passeri domestici, storni, capinere, merli, fringuelli, verdoni e cardellini. Poi rondini e balestrucci da marzo a settembre, regoli e pettirossi in inverno e cornacchie grigie tutte le stagioni. Queste erano solo alcune delle gang piumate che frequentavano Milano nel 1988. Lo so perché tempo fa ho trovato su una bancarella Dove, come e quando osservare gli uccelli in Italia del naturalista e scrittore Renato Massa, edito Mondadori.

Vivendo da sempre in città sento che la mia relazione con la natura è molto confusa e sfogliare questo vecchio volume è stata un'esperienza straniante. Dove sono tutti questi uccelli adesso? La crisi climatica ha lasciato solo piccioni e gabbiani? Nel libro leggo che il Parco Lambro e il Parco di Trenno erano abitati dal picchio rosso maggiore e dalla rara averla capirossa. La taccola nidificava sul Castello Sforzesco, mentre i gheppi vivevano sulla Stazione Centrale. In Piazza della Scala, se eri fortunato, potevi avvistare le gru in volo che migravano. Tutta questa ricchezza mi spiazza, sembra l’ambientazione di un classico Disney pieno di canzoni. Ma forse il problema sono io. Dove devo guardare? Sarei in grado di scorgerli e distinguerli?

Ultimamente, per approfondire il mio rapporto problematico con la natura e con l’ambiente che diventa sempre più umano, ho letto Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo) di Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi, edito da Nero per la collana Not. Mi sono ricordato che tra le tante storie che animano il libro c’è anche quella dei due falchi che abitano sul Pirellone. «Discendono dai falchi pellegrini che tra gli anni Settanta e Ottanta colonizzarono le pareti rocciose delle Prealpi, intorno ai laghi lombardi. I loro figli si dispersero nelle zone circostanti, e qualcuno si trovò così bene sui grattacieli da restarci per sempre».

I falchi pellegrini del Pirellone

Esiste un culto sotterraneo per questi due rapaci, che sono stati chiamati Giò e Giulia, proprio come l’architetto Giò Ponti, padre del Pirellone, e la moglie Giulia Vimercati. Dal 2014, ogni anno, fanno la cova sui 127 metri di cemento e tutti hanno la possibilità di osservarli, grazie alle due webcam che trasmettono la vita del nido h24.

Questa diretta, per me, è diventata una specie di ASMR o l’equivalente della famosa Lofi Girl. La lascio accesa al computer mentre lavoro e mi illude di avere un contatto con il mondo naturale qui vicino casa. Soprattutto di notte puoi ascoltare il suono del vento e degli ultimi tram giù in basso, squarciati ogni tanto dall’urlo di un’ambulanza. Poi vedi lo skyline milanese raccolto in una striscia di luci, con il palazzo della Regione Lombardia che sembra uscito da una strana versione di Blade Runner. Poco sotto c’è uno dei due falchi che cova, di solito anche lui in contemplazione o sonnecchiante, con le penne sferzate da sbuffi di corrente. Generalmente le uova si schiudono dopo 30 giorni. Nel giorno di mercoledì santo si era schiuso il primo uovo e questa mattina, dopo aver tenuto al caldo i suoi pulli per quattro giorni, finalmente Giulia si è alzata lasciandoli nel nido da soli.

Birdwatching e prospettive future

Per saperne di più sulla vita che fanno oggi i volatili in città sono andato a vedere i dati raccolti dalla Lega Italiana Protezione Uccelli che nel 2020 ha pubblicato un atlante urbano. Spiega che negli ultimi dieci anni molti rapaci si sono spostati nei grandi centri abitati per cercare cibo, nidificando nei luoghi più alti e irraggiungibili, a picco sulle prede. La diminuzione sempre maggiore delle zone verdi ha invece reso la vita molto difficile alle allodole, ai cardellini, ai passeri, agli usignoli di fiume e a tante altre specie che non si vedono quasi più. Chi resiste invece sono i piccioni torraioli (ovviamente), i rondoni, i merli, gli storni e il colombaccio.

Anche nella mia vecchia guida all’osservazione degli uccelli c’è un’ombra di malinconia. L’autore era già consapevole della crisi ambientale e rimpiangeva i tempi in cui a Parco Sempione c’era il martin pescatore e ai Giardini di Porta Venezia i picchi muraioli. In futuro si racconterà di quando c’erano i falchi sul Pirellone e si penserà che negli anni Venti eravamo fortunati a condividere la città con loro.

 

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