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VIAGGIO

Dubai è un giardino delle delizie?

Negli ultimi trent’anni anni Dubai si è sempre più affrancata come la mecca del lusso e del piacere. Ma non è oro tutto ciò che luccica. La città-stato non è un modello nel campo dei diritti umani, della sostenibilità e dell’inclusività. 

DI STEFANO AMPOLLINI

10 January 2023

Chissà se Hieronymus Bosch, pittore fiammingo del XV secolo, poteva immaginare che il soggetto della sua opera più famosa, il celebre trittico del Giardino delle Delizie, sarebbe diventato realtà qualche secolo più tardi in una piccola porzione di deserto di fronte al Golfo Persico. Il capolavoro dell’artista è considerato la rappresentazione dei piaceri carnali ma, allo stesso tempo, una critica verso il loro abuso e descrive perfettamente cosa è diventata oggi Dubai. Questa città stato con una popolazione di quasi 3,5 milioni di abitanti, in continua espansione, è diventata una calamita per tutti coloro che cercano uno stile di vita elevato, irraggiungibile in qualsiasi altra parte del globo, o una semplice vacanza fatta di lusso, caldo tutto l’anno e nella quale ogni piacere è concesso (droghe a parte). Da queste parti tutto è “wow”, ma non era così fino al 1992.

Negli ultimi 30 anni investimenti immobiliari folli hanno prodotto un gigantesco parco giochi con una serie di primati mondiali difficilmente eguagliabili: il grattacielo più alto (il famoso Burj Khalifa, con un’altezza di 830 metri, quattro volte il palazzo Unicredit di Milano), il centro commerciale più grande (il Dubai Mall, con oltre 1200 negozi, dove è fondamentale scaricarsi l’App per orientarsi), la ruota panoramica più alta (250 metri), che può portare fino a 1750 persone. Per non parlare dell’acquario con 30.000 pesci al centro del Dubai Mall, non lontano dalla pista da hockey, oppure l’impianto da sci del Mall of Emirates, o i giochi d’acqua delle fontane di fronte al Burj Khalifa, che ogni sera richiamano migliaia di turisti e fanno impallidire il Bellagio di Las Vegas.

Se tutto questo non bastasse l’emiro ha voluto offrire ai tanti residenti e investitori occidentali la possibilità di vivere nel lusso anche in mezzo al mare. Palm Jumeirah è l’isola artificiale più famosa del mondo, con quasi 80.000 abitanti distribuiti in appartamenti luxury nel tronco principale o ville con spiaggia privata sulle fronde. Una sorta di aureola protettiva intorno alla Palma ospita alcuni degli alberghi più belli del mondo, su tutti l’Atlantis, famoso per le sue suite sottomarine.

Palm Jumeirah, Dubai. Foto di Abid Bin Nazar, pexels

Palm Jumeirah, Dubai. Foto di Abid Bin Nazar, Pexels

Chi sceglie Dubai per viverci o come semplice meta di una breve vacanza dove poter staccare dal freddo (si fa per dire) dei nostri inverni, dovrà necessariamente chiudere un occhio di fronte ad alcune storture che si celano dietro a tanta meraviglia, ma senza le quali tutto questo non sarebbe possibile. Tutti i valori per cui da anni lottiamo in Europa e, più in generale nel mondo occidentale, qua sono quasi del tutto sconosciuti, o talvolta rivendicati solo come operazione di marketing. Diritti umani, sostenibilità, inclusività o reddito minimo sono parole vuote che contrastano con l’obiettivo di mantenere le aspettative di vita elevatissime di una minoranza. D’altra parte mantenere un impianto di condizionamento che permetta di sciare nel deserto è contrario a ogni principio minimo di sostenibilità, specie in un momento in cui metà del pianeta soffre una profonda crisi energetica. Allo stesso tempo è inimmaginabile pensare che uno sviluppo urbanistico come quello di Dubai possa avvenire senza lo sfruttamento di gran parte della popolazione indiana, pakistana o bengelese, che qua rappresenta circa la metà del totale. L’Emirato consente, infatti, la kafala, un sistema a metà tra la schiavitù e il caporalato, per la quale il lavoratore è di fatto proprietà del proprio datore di lavoro che lo ha fatto arrivare nel Paese. Non sono invece ammesse le relazioni sessuali LGBTQ, punibili con carcere e con la deportazione se non si ha la cittadinanza. Poco importa, il Giardino delle Delizie di Bosch è anche questo.

In apertura, foto di Stefano Ampollini

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