Ci sono passati tutti: Aretha Franklin, Etta James, i Rolling Stones, Wilson Pickett, i Dire Straits, Bob Dylan e Bob Seger… Eppure la storia di questo luogo non è ancora conosciuta. È il momento di riscoprire la casa della musica soul e del blues.
DI CAROLINA SAPORITI
18 February 2023
C’è un luogo sulla cartina degli Stati Uniti che dice poco, ma per chi lo conosce è un posto leggendario. Si chiama Muscle Shoals ed è una cittadina dell’Alabama, nel South-West. Campi di cotone, tanto verde e il ritmo della musica soul nell’aria. È qui, infatti, che sono stati registrati o prodotti alcuni dischi che hanno fatto la storia.
Che ci fosse qualcosa di magico in questa zona se ne erano accorti già gli Indiani d’America che parlavano di un’energia musicale del fiume Tennessee, che scorre nel nord ovest dell’Alabama, proprio vicino a Muscle Shoals. Furono loro a soprannominarlo “il fiume che canta”. Dopo secoli Keith Richards definì la zona semplicemente “Il paradiso del rock’n’roll” dopo che i Rolling Stones trascorsero tre giorni nei Muscle Shoals Sound Studios per registrare il loro album Sticky Fingers, quello di Brown Sugar e Wild Horses, per intenderci.
Gli studios di Muscle Shoals si trovavano in un piccolo edificio senza tante pretese sulla Jackson Highway a Sheffield e dalla sua apertura nel 1969 fino al 1978 ha visto passare (e suonare) tantissimi artisti, come Willie Nelson, Paul Simon e gli Staple Singers. Succedeva così: venivano registrati pezzi o album che subito diventavano grandi successi e allora altri artisti e rockstar volevano andare in questo piccolo paese dell’Alabama per attingere a quelle sonorità e una volta arrivati, però, avevano sempre una gran sorpresa. Si aspettavano dei musicisti neri e invece si trovavano davanti quattro ragazzi bianchi, piuttosto normali: nessuna stravaganza artistica, solo tanta passione per la musica e dedizione.
Questo è il segreto di Muscle Shoals e ciò che forse ha preservato la sua fama, il suo essere ingannevolmente semplice. Conosciamo tutti New Orleans per il suo R&B, Nashville per le sue ballate country, il blues di Chicago, l’etichetta discografica Motown di Detroit e la Stax di Memphis, invece non sappiamo collocare Muscle Shoals geograficamente né che il primo album di Cher si chiama proprio con l’indirizzo di questo studio di registrazione. Eppure qui e nell’altro studio leggendario della zona, FAME, dove il produttore Rich Hall lanciò personaggi come Etta James e Aretha Franklin, succedeva ogni volta una magia. Cantavano tutti insieme: bianchi e neri, mentre nel resto del sud degli Stati Uniti e specialmente nelle città dell'Alabama, Selma, Birmingham e Montgomery, la violenza nei confronti dei neri era massima, tanto che Birmingham si conquistò il triste “soprannome” di Bombingham per la quantità di bombe esplose negli anni della segregazione. Chi arrivava a Muscle Shoals cantava invece un mondo migliore. E lo viveva.
Ma cosa rendeva tanto speciale un posto così? Perché così tante persone sono state in grado di fare grandi album proprio qui, in mezzo ai campi di cotone? Il primo motivo si chiama The Swampers: i quattro musicisti a disposizione dei cantanti per l’accompagnamento musicale. Non erano dei fuoriclasse della musica, eppure avevano qualcosa di speciale… C’è chi dice che avessero il soul nel sangue. Sono loro che hanno inciso i primi dischi registrati al FAME, Steal Away di Jimmy Hughes e I Never Loved A Man (The Way I Loved You) di Aretha Franklin, che sono diventati immediatamente successi mondiali. Il secondo motivo era RicK Hall, un produttore con un fiuto acuto per i talenti. E, il terzo è che qui non c’erano distrazioni, come in altre città più grandi come New York o Chicago. Si veniva e si cantava.
Oggi, dopo anni di restauro, Muscle Shoals Sound Studio ospita visite guidate (se si è fortunati si può anche avere il privilegio – lo è davvero – di incontrare David Hood, il bassista degli Swampers) e la sera continua a funzionare come studio di registrazione per artisti locali. E ancora dopo tutti gli anni passati, quella sala custodisce una magia che merita di essere raccontata.