Ha contribuito alla nascita di realtà come Santeria e Radio Raheem. La musica e Milano fanno parte della sua vita. Il cortocircuito, che da sempre ricerca, oggi prova a “generarlo” con Basta Session nella veste di producer
DI ENRICO BENINCASA
07 January 2025
È un format inedito, che prevede l’incontro in studio di sei artisti in sessione – due produttori, due strumentisti e due voci – per creare una canzone. La particolarità è che chi arriva in studio non sa cosa ha creato chi lo ha preceduto. Tutti partono da zero: arrivano, ascoltano e danno il loro contributo. Visti i tempi ristretti ogni artista ha circa novanta minuti a disposizione. È puro istinto, il risultato è imprevedibile e questo rende il format diverso da tutto quello che c’è in giro. Egli artisti ne sono entusiasti.
L’obiettivo è creare il cortocircuito. Cerco di trovare persone che non hanno mai lavorato assieme, soprattutto per quanto riguarda le voci. Poi compongo il team pensando anche alle personalità e all’empatia degli artisti, quest'ultima necessaria per un progetto del genere. Infine c’è il lato artistico: penso a chi mi piacerebbe sentire assieme, per esempio quel tal produttore con quella voce, e Basta può essere li parco giochi ideale per farlo.
Moltissimo, conosco direttamente buona parte di quelli che ho chiamato e tanti abitano qui. Per ora, comunque, su cinque-sei artisti che partecipano alle Basta Session, almeno uno arriva da fuori.
È stata una bellissima esperienza ed è una realtà con cui sono ancora in ottimi rapporti. Siamo partiti nella primavera del 2017 grazie alla visione di Marco Aimo, con cui ho condiviso anche l’esperienza di Santeria, insieme a Teo Segale, che purtroppo è mancato da poco. Penso sia ancora una delle realtà che riesce a fare comunità, in modo solido e sincero, a Milano e non solo.
È un momento particolare. Mi ricordo bene la città negli anni Novanta e che cosa è stata fino al 2012-2014: c’era un forte fermento culturale, un cortocircuito causato da diverse entità, da locali ma anche da luoghi di aggregazione come centri sociali e situazione ibride. Oggi tante medie e piccole realtà nel mondo culturale e musicale fanno fatica a stare in piedi. La città sembra addomesticata da questo punto di vista, mi pare manchi un po’ di controcultura, la “spinta dal basso”, schiacciata da un sistema economico che impone ritmi e filosofie non sempre conciliabili con la cultura e la musica, che viaggiano su altri piani e vorrebbero altre regole. In questo, il periodo del Covid è stato un chiaro spartiacque. L’ispirazione e il proliferare di certe scene credo si possano trovare forse maggiormente in provincia.
Un po’ credo siano cicli, ma d'istinto direi che Milano corre troppo in nome della retorica di essere più produttivi e di “deliverare” sempre di più. È il nostro amato tardo capitalismo. Questo spesso blocca lo spirito creativo, che per essere coltivato ha bisogno anche di rallentare.
Certo, finché c’è musica c’è sempre speranza.
La lista di cose da fare è lunga ma, di pancia, da operatore del settore e cittadino, ritengo bisognerebbe lavorare a stretto contatto con il settore scolastico pubblico. Creare un percorso musicale variegato, di alto livello e accessibile a tutti sarebbe vitale. La musica unisce ed è uno dei pochi linguaggi universali, può cambiare la vita di una persona e lo sguardo sul mondo quando si è adulti. Per me è stato così, credo dovrebbe esserlo per tutti.
La pubblicheremo verso fine gennaio. Non posso dirti chi ci sarà, ma sarà un bel cortocircuito.
L’intervista a Diego Montinaro è stata pubblicata su Club Milano 73