Difficilmente clasificabile all'inerno di un'unica categoria creativa, Alessandro Mendini icanrna, con il suo podroso corpus di opere, quella colorata gioia di viviere che fece seguito agli anni cupi del dopoguerra. Il suo atelier, fondato a Milano con il fratello Franesco, è ancora un luogo in cui il pensiero si mette in moto, con leggerezza e ironia.
DI ALESSIA DELISI
11 April 2014
Nato a Milano nel 1931, Alessandro Mendini non è solo il protagonista degli ultimi cinquant’anni di architettura italiana: fautore di quella rivoluzione concettuale che negli anni Ottanta nel campo del design, afferma la possibilità di attingere idee e immagini dalla tradizione, abbandonando il problema dell’originalità a ogni costo, nel corso della sua lunga carriera Mendini si è lasciato sedurre anche dal giornalismo, dall’editoria, dall’arte e dalla pittura. I suoi oggetti sono ormai entrati a far parte dell’immaginario storico contemporaneo, da quelli realizzati per Alessi fino al Mobile Infinito con cui nel 1981 vinse il secondo Compasso d’Oro, passando naturalmente per la celebre Poltrona di Proust, dedicata allo scrittore della Recherche.
In un’epoca come questa di incertezze politiche, sociali e culturali, ogni progetto che si ponga come determinista mi sembra sia in errore. I progetti devono oggi essere aperti, disponibili e sufficientemente dinamici da potere assorbire aggiustamenti nel percorso.
Il design oggi ha tante possibilità, ma ogni strada aperta è percorribile con breve e difficile visibilità. Bisogna solo sperare che torni un po’ di luce.
La trasformazione del rapporto fra design e artigianato è in pieno svolgimento e certamente, al di là della mitologia e della retorica, l’adozione delle stampanti 3D è un vero avvenimento.
L’anarchia degli avvenimenti del Fuorisalone e dei distretti è molto salutare al burocratismo merceologico che si svolge dentro la fiera di Rho.
La Cina è vicina al di là di quanto avviene in via Sarpi. Tutto il nostro sistema design ha ed avrà sempre più dei rapporti strutturali con la Cina: nella scuola, nella progettazione, nell’industria, nella cultura. Il numero dei ponti fra Oriente e Occidente continua ad aumentare.
Credo che per ora le Design Week sparse nel mondo non abbiano la forza né energetica né dimensionale per mettere in crisi la nostra tradizione. Anche se certi picchi culturali sono più forti in città lontane da Milano.
La domanda è simpatica e la mia risposta sarà retorica: sì, io mi sento tuttora un principiante.
Il luogo di affezione che ha fatto da incubatore dei miei pensieri e dei miei progetti è la bellissima casa metafisica dove sono nato, disegnato nel 1930 dall’architetto Piero Portaluppi. È un esempio di una Milano Doc.
Foto di Carlo Lavatori
Intervista pubblicata su Club Milano 19, marzo – aprile 2014. Clicca qui per scaricare il magazine.
In chiusura: la celebre Poltrona Proust, realizzata da Mendini nel 1976.