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MOBILITÀ

Alain Visser

Come ti cambio l'auto

In occasione dell'apertura del primo club milanese di Lynk & Co, Il CEO del mobility brand del gruppo Geely ci racconta come sarà questo nuovo spazio in città, legato sì al mondo dell'automobile ma decisamente molto diverso da un concessionario

DI ENRICO S. BENINCASA

25 November 2022

Alain Visser è il CEO di Lynk & Co, un'azienda a metà strada tra l'automotive e la digital economy che in molti hanno definito la "Netflix dell'auto". Il paragone con la famosa piattaforma americana, però, è solo parzialmente corretto, perché l'idea alla base di questo mobility brand - esatto, mobility, non car brand - ha molto a che fare con la sharing economy e con servizi come Air Bnb. L'idea nasce dal fatto che, la maggior parte delle nostre auto, sono utilizzate per poco tempo rispetto a quello che passano parcheggiate o nei box. Perché, quindi, non creare un ecosistema dove renderle fruibili quando sono sostanzialmente ferme? Grazie a Lynk & Co, infatti, è possibile acquistare una 01 o noleggiarla a un canone fisso mensile di 550 euro comprensivo di tutto - assistenza, assicurazione, bollo, ecc. - con la possibilità di recedere quando si vuole. Il costo del canone si può abbattere in toto o parzialmente dando in noleggio l'auto per uno o più giorni tramite una app dedicata. Un'idea rivoluzionaria per la mobilità e che, per farsi conoscere, sta puntando sui club Lynk & Co, spazi molto diversi dai concessionari d'auto ai quale siamo abituati. Per convincersi della differenza, basta fare un giro nel neonato club di Corso Venezia 6 a Mlano, che apre al pubblico a partire da sabato 26 novembre.

Apre il secondo club italiano di Lynk & Co, dopo il debutto nel nostro Paese a Roma a marzo 2022. Come cambia la percezione del vostro brand in una città dopo l’apertura di uno spazio come questo?

Secondo i nostri dati, il 93% degli italiani non ha ancora sentito parlare di noi. Se grazie ai club inizieranno a conoscerci, forse sarà più semplice per noi fargli capire come vogliamo andare oltre l’attuale comparto dell’auto (ride, NdR). Al di là delle battute, l’esperienza per noi è importante tanto quanto il servizio e il prodotto. L’esperienza, però, è qualcosa che non puoi fare pienamente online: certo, puoi costruire un business in rete, ma non puoi creare solamente su internet un brand come Lynk & Co. I club servono a questo, a creare l’esperienza. E un’esperienza come quella del club è più che utile al nostro scopo.


Lynk & Co si autodefinisce un mobility brand. È difficile comunicare all’esterno che non siete letteralmente un car brand come gli altri?

Tutti in questo settore possono dire «noi siamo diversi», ma la realtà è che, alla base del tutto, c’è sempre la vendita di una auto. I concessionari sono tutti uguali: spazi comprati o noleggiati in cui sono presenti delle vetture pronte per l’acquisto. Non dico che sia sbagliato, dico solo che Lynk & Co è qualcosa di diverso e il concetto di club lo rende evidente. I KPI degli altri sono legati alle vendite, i nostri no. Per noi conta avere più membri e utilizzare meglio le auto.


Come vanno le cose in Italia e in particolare a Roma dopo l’inaugurazione del primo club?

Siamo molto contenti, l’Italia è attualmente il nostro secondo mercato dopo l’Olanda e si posizione prima della Germania. È una cosa che mi ha sorpreso un po’, ma sembra che il vostro Paese apprezzi Lynk & Co. A Roma il club che abbiamo aperto in via del Corso è servito per fare incontrare il brand alle persone, ci ha senz’altro aiutato.

 

In una precedente intervista, menzionava il fatto che Germania e Italia sono mercati difficili per un servizio come questo perché l’automobile è vista ancora come qualcosa che porta prestigio. In questi due Paesi, stimava che solo circa il 10% degli automobilisti poteva essere attratto dai servizi offerti da Lynk & Co. È ancora così?

Sappiamo che non siamo un brand per la grande maggioranza degli automobilisti, ma il gruppo di persone alla quale ci rivolgiamo non è certo piccolo. Il 10% non è poco, sono un sacco di persone (ride, NdR).


A questo proposito, la vostra recente indagine Cities Reimagined, realizzata in collaborazione con Ipsos, ha cercato di fare il punto sulla percezione della mobilità in città da parte di chi le abita. Cosa l’ha stupita di più?

Il fatto che la gente è più pronta di quello che pensiamo a condividere un’automobile. In Italia, per esempio, il dato si attesta sul 33%, in alcuni Paesi addirittura al 40%. Le nostre previsioni iniziali erano molto inferiori a questi risultati. Ricordo che un collega una volta mi disse: «Alain, ti stai sbagliando. L’auto è come lo spazzolino da denti, nessuno lo vuole condividere». Mi pare chiaro che il suo paragone non sia corretto (ride, NdR). Mi piace sempre fare un altro paragone: se vent’anni fa qualcuno avesse creato un’azienda per condividere le case delle persone con sconosciuti, nessuno lo avrebbe preso sul serio. Oggi, però, abbiamo Air Bnb, che è la normalità. E se accetti di condividere la tua casa, perché non puoi farlo con l’auto?


Attualmente in Europa avete solo un modello in gamma, la 01, una ibrida: contate di espandere l’offerta di automobili?

Forse un secondo modello arriverà, ma non escludo di rimanere solo con uno. Nel caso arriveremo a due, il secondo sarà al 100% elettrico. La nostra visione attuale, però, è che l’Europa e in particolare l’Italia non siano ancora pronte con le infrastrutture di ricarica per le vetture elettriche, c’è ancora molto da fare.


Quanti club avete in Europa?

Sono dieci al momento. Oltre a Roma e Milano, ci sono quelli di Stoccolma, Goteborg, Amsterdam, Barcellona, Anversa, Amburgo, Monaco e Berlino. A Parigi apriremo il prossimo anno e, per la fine del 2024, avremo aperto oltre 20 club in sette mercati. In Italia pensiamo di aprirne un terzo, probabilmente al nord, ma non c’è ancora nulla di deciso.


I club non sono tutti uguali, ma pensati su misura per le città che li ospitano. Quanto tempo ci vuole mediamente per progettarne e realizzarne uno?

La cosa più difficile e lunga è trovare la location giusta, poi inizia il lavoro di creazione del concept e della sua realizzazione. Per Milano, per esempio, ci abbiamo messo due anni a trovarla. La realizzazione, invece, ha impiegato circa sei mesi. A differenza di altri brand, non siamo rigidamente legati a delle guideline. Non ci sono palette colori, per intenderci. Non dico che quello di proporre una visione unica indipendentemente dal luogo dove un club nasca sia un approccio sbagliato, ma non è il nostro.


Questo posto vivrà con le persone che decideranno di entrarci…

Sì, che sia per bere un caffè o per chiedere informazioni sui nostri servizi di acquisto o noleggio della 01. L’idea è quella di organizzare  un paio di eventi a settimana, che possono essere, per esempio, presentazioni dei brand che abbiamo selezionato e che trovate esposti nel club o una sfilata o un concerto. E questo è quello che accade nei club che abbiamo in giro per l’Europa.


Ora anche in Italia è attiva la possibilità di noleggiare la propria 01 atraverso la app?

Sì, siamo in una fase beta per l’Italia e per la Spagna. Nei mercati dove è stata testata ed è ora attiva come l’Olanda e la Svezia riscontriamo che circa il 20% delle auto sono disponibili al noleggio. 

 

Lynk & Co

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