Da più di vent’anni ormai, il Fuorisalone di Milano, che accompagna l’evento del design più conosciuto al mondo, il Salone del Mobile, ha trasformato la città in una sorta di laboratorio: un hub di sperimentazione e rigenerazione urbana.
DI SIMONA GALATEO
31 May 2022
Creatività, immaginazione, sperimentazione, talento e avanguardia sono alcuni tra i tanti sinonimi appropriati che descrivono la settimana del calendario milanese più vivace dell’anno, quella dedicata al mondo del design. Il Fuorisalone, evento che si svolge in concomitanza con il Salone del Mobile, è diventato per Milano un’occasione di riqualificazione, in prima battuta, e di rigenerazione urbana poi, con tutti i pro e i contro del caso. Gli eventi, le “zone” e i “district” sono diventati veri marchi urbani che connotano a tutti gli effetti i diversi quartieri, che nel corso del tempo si sono rigenerati, riutilizzando spazi spesso abbandonati, o utilizzati in modo inedito e sperimentale.
Ancora più di quanto possa aver fatto il settore della moda – altro fiore all’occhiello dell’industria creativa meneghina – quello del design è stato in grado di trasformare e caratterizzare intere parti di città. Per una settimana, Milano diventa non solo punto di ritrovo per aziende e buyers diretti alla fiera, ma anche di creativi, ricercatori, giovani designers che anticipano con le loro idee nuovi stili, tendenze, individuano nuovi gusti, modi e usi di vivere, come singoli o come collettività. Alla ricerca di spazi da occupare in modo temporaneo, con mostre, eventi, incontri. Dai designer indipendenti alle piccole e grandi imprese, dagli artigiani ai centri di ricerca e alle scuole internazionali, la città è diventata un pullulare di iniziative. E a differenza degli eventi della moda, tra i più seguiti e “spoilerati” su riviste e social network, il design ha aperto le porte a tutte le persone, dai passanti ai curiosi, agli addetti ai lavori, diventando un momento corale e condiviso.
Le “zone” sono diventate veri e propri brand, legati ciascuno a un quartiere, all’interno del quale durante l’anno è tutto un brulicare di ricerca di spazi insoliti, inediti, a volte anche non ancora usati. Spazi che prendono vita durante il Fuorisalone, ma che spesso e volentieri diventano poi “locations” attive e vissute tutto l’anno. E come un’eco che si propaga all’interno del quartiere, la creazione delle diverse zone è diventata una sorta di veicolo di trasformazione urbana a tutti gli effetti. Dalla prima, più famosa, Zona Tortona, sono arrivate anche Zona Lambrate, Zona Porta Romana, e le più recenti Brera District, Isola Design District e le 5Vie. E insieme alla nascita delle zone, anche alcune location sono diventate place to be: dalla sede dell’Università Statale che ospita le installazioni della rivista Interni, alla palestra La Pelota dove si sono susseguiti diversi allestimenti e progetti di grandi marchi – tra gli ultimi più memorabili, quello curato da Hermès – al Giardino delle fate di via Palestro, all’Orto sul tetto dello studio Piuarch in Brera, all’Albergo Diurno in piazza Oberdan, fino all’operazione del collettivo Alcova, che, dopo aver riqualificato la sede storica di Cova & C. panettoni a NoLo, l’anno scorso si è spostata verso la zona Inganni, per nulla toccata dagli eventi del Fuorisalone, riutilizzando un ex complesso militare.
Un processo di rigenerazione, quello legato al Fuorisalone e al mondo del design milanese, che ha avuto una risonanza internazionale, stimolando la nascita di altre “design week” sul modello meneghino, un po’ in tutto il mondo, grazie a quel “saper fare” e a quella creatività tutta italiana che si esprime in tutti campi.
In apertura, Orto fra i cortili, l’intervento realizzato sul tetto dell’edificio che ospita Piuarch, nel Brera Design District a Milano. Foto Piuarch.