La mostra Elio Fiorucci di Triennale Milano è un doveroso tributo a un personaggio unico, che a partire dagli anni Sessanta ha contribuito a rivoluzionare il costume, la moda e l’arte contemporanea in Italia e non solo
DI GIULIANO DEIDDA
18 December 2024
Ci sono posti che fanno star bene. Il negozio Fiorucci in Galleria Passerella a Milano faceva decisamente parte di questa categoria. Dal 1967, quando ha inaugurato, al 2003, quando ha lasciato il posto al primo H&M italiano, lo store è stato uno dei punti di riferimento della cultura pop giovanile per svariate generazioni. Varcare quella soglia significava passare dal centro di Milano al centro del mondo, tutto ciò che un ragazzo potesse desiderare era lì e solo lì, moda, accessori, gadget, dischi, riviste e libri. Si aveva la sensazione di potersi imbattere da un momento all’altro in Keith Haring, Madonna, Andy Warhol o Debbie Harry. Non era un negozio, era davvero un punto d’incontro, ci si dava appuntamento al suo interno, del resto si trovava proprio di fronte all’uscita della metropolitana di San Babila.
Questa magia rivive oggi, almeno fino al 16 marzo, negli spazi di Triennale Milano grazie alla mostra Elio Fiorucci, dedicata alla vita e al mondo del poliedrico innovatore scomparso nel 2015. Si tratta della più grande e ricca esposizione dedicata a questo imprenditore, cool hunter e fondatore dell’omonimo marchio, che lo scorso settembre ha inaugurato un nuovo corso, con una sfilata proprio in Triennale. Si può considerare un doveroso tributo a un personaggio unico, che a partire dagli anni Sessanta ha contribuito a rivoluzionare il costume, la moda e l’arte contemporanea in Italia, regalando a Milano quella sensibilità internazionale che ancora è un vanto del capoluogo. Come afferma Stefano Boeri, presidente di Triennale Milano: «Abbiamo voluto riempire, proprio qui, dove il fenomeno Fiorucci è nato ed esploso, il vuoto di una formidabile amnesia. Milano, grazie a Fiorucci, è stata infatti per almeno due decenni uno dei magneti delle idee più avanzate della cultura giovanile internazionale e la culla delle contaminazioni più fertili e audaci non solo tra moda, design, arte visiva e pubblicità, ma anche tra cultura e commercio. Invadendo di colori e forme la Milano cupa degli anni Settanta e poi esportando la sua cometa cromatica nel mondo, Elio Fiorucci ha dato alla sua città il regalo di un primato nella creatività internazionale».
Curata da Judith Clark, docente di moda e museologia presso la University of the Arts di Londra, con progetto di allestimento di Fabio Cherstich, regista e scenografo di teatro e Opera, la mostra si propone come una retrospettiva dal chiaro intento biografico, che include le vicende umane, imprenditoriali e culturali di Elio Fiorucci, portando uno sguardo nuovo sulla sua figura, attraverso un susseguirsi cronologico sia di materiali provenienti dal suo archivio personale che di prodotti industriali, in modo da raccontare al meglio la sua inconfondibile estetica.
Il linguaggio scelto è estremamente teatrale, come spiega Cherstich all’interno del catalogo della mostra, edito da Electa: «La mia idea di installazione è ispirata a un impianto teatrale, il più consono a esprimere questa doppia anima, narrativa e visionaria, che ha pervaso il lavoro di Fiorucci. Per questo motivo c’è un sipario, soglia teatrale per eccellenza, che accoglie il pubblico anche come dichiarazione d’intenti: quello a cui stiamo per accedere non è una restituzione museale in senso statico, ma un movimento che chiede al pubblico di entrare nel vivo».
I visitatori sono accompagnati in questo percorso dalla voce dello stesso Elio Fiorucci. Una serie di registrazioni inedite, frutto di una lunga conversazione con la giornalista Alessandra Albarello, nella quale il creativo, a ottant’anni, affidava i suoi ricordi ai posteri. La mostra è così disseminata di apparecchi dai quali è possibile ascoltare le sue parole, registratori a cassetta, Revox e telefoni vintage. Superato il sipario, la storia comincia dall’inizio, ovvero un’aula scolastica, dove immaginare il piccolo Elio che compone un tema, trovato in archivio e presente nella mostra, nel quale descrive il proprio futuro: “Io desidererei poter avere nella mia vita (…) un commercio ad esempio, con tutte le sue soddisfazioni per gli affari ben riusciti e tutte le apprensioni per quelli incerti. (…) Un commerciante riuscito è senza dubbio anche un uomo perfetto. Si mette alla prova in tutte le sue capacità.” L’installazione presenta al posto della lavagna un’enorme finestra, dalla quale ammirare lo svilupparsi della mostra, ovvero della vita e delle opere caleidoscopiche di Fiorucci. È proprio in questo punto dell’esposizione che si prova la stessa sensazione di quando si varcava la soglia di Galleria Passarella. Le grafiche e l’ironia provocatoria sono infatti elementi centrali dell’esposizione, dosati nel tipico rigoroso disordine eccentrico, attraverso una molteplicità di media, documenti e opere, dalla scala della polaroid all’installazione ambientale, passando per fotografie, plastici di architettura, opere d’arte contemporanea e, naturalmente, abiti e accessori, con una grande citazione dei suoi negozi e delle sue vetrine. Il dinamismo della mostra è accentuato da una sequenza di video estremamente d’impatto, «realizzati da Mammafotogramma, un collettivo di artisti con cui sono solito lavorare, che ha animato, riletto e reinterpretato le grafiche e le campagne di Fiorucci in un divertissement visivo che è disseminato per tutta la mostra, a riprova del fatto che Fiorucci è ancora generativo, può ancora moltiplicarsi nell’ispirare nuove creatività» continua Fabio Cherstich, progettista dell’allestimento, nel testo del catalogo. Oltre al volume, la mostra è supportata da un album, Il giro del mondo per Elio Fiorucci. Gli album di Mirella Clemencigh, a cura di Judith Clark con Adelita Husni-Bey, che include un’introduzione all’immaginario di Fiorucci.
Elio Fiorucci
A cura di Judith Clark
Progetto di allestimento Fabio Cherstich
Fino al 16 marzo 2025
Triennale Milano
L’articolo è stato pubblicato su Club Milano 73