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LIFESTYLE

Attraverso altri occhi

18 December 2018

Capitale della moda, Smart City, polo universitario, perno dell’innovazione, la città italiana più europea, signora mia: a Milano ci si riferisce usando perifrasi di ogni tipo, ma è raro sentire qualcuno parlarne come di una città letteraria. Forse perché alla bellezza esibita il capoluogo lombardo oppone la scoperta graduale, resta il fatto che Milano è entrata nel cuore e nelle pagine di numerosi scrittori, da Petrarca a Michele Mari. Per fortuna a un non-milanese d’eccezione, Michele Turazzi, è venuto in mente di fare ordine. Il suo occhio forestiero (è di Treviso) e la sua perizia da ricercatore lo hanno portato a dare alle stampe un libretto pregno di aneddoti e ricostruzioni storico-letterarie da configurarsi come una stupefacente guida letteraria della città. Si tratta di Milano di carta che va ad arricchire la serie delle Città di Carta a cui ha dato vita il Palindromo, piccolo editore palermitano nato dalla caparbietà di Francesco Armato e Nicola Leo. Se accettiamo anche noi di ammirare Milano dalla prospettiva del viaggiatore e non con quella del pendolare, possiamo affidarci a Turazzi che ci fa guardare la zona del Duomo con gli occhi di Ernest Hemingway, in convalescenza a Milano dopo essere stato ferito al fronte, tra le pagine di Addio alle armi. Dal palazzo dov’è ricoverato vicino alla Biblioteca Ambrosiana (una targa ricorda ancora il suo passaggio) si avventura con l’infermiera Catherine per le vie del centro, con tappa obbligata ai tavolini della Galleria per sorseggiare «del Capri bianco secco, in ghiaccio nel suo secchiello» e «altri vini dal Freisa al Barbera, al bianco dolce», oppure per pranzare al Biffi o al Grande Italia.

Da lì Turazzi, armato di cartine e aneddoti, ci conduce per mano verso la Brera scapestrata in cui Luciano Bianciardi ha vissuto negli anni Sessanta, niente a che vedere con i locali turistici e le vie diligentemente lastricate di oggi. Lì si aggiravano artisti squattrinati dell’Accademia, artigiani e netturbini misti a giornalisti e scrittori a caccia dello scoop o dell’ispirazione (o forse più banalmente di una ragazza da pagare o di un pasto da scroccare all’osteria delle sorelle Pirovini, dove leggenda vuole che Bianciardi abbia corretto le bozze della Vita agra). Nello stesso quartiere, al civico 17, si trasferisce Lalla Romano con la famiglia, in «un palazzo incastrato tra altri palazzi vecchi e nuovi, invisibile dalla strada», discrete presenze dei suoi libri. E da Brera, attraversando via San Marco, raggiungiamo agilmente via della Moscova, proprio nel punto in cui fa angolo con via Solferino che anche per i non milanesi equivale a dire Corriere della Sera. «Si è colti dall’urgente sensazione che a livello urbanistico sia accaduto qualcosa di sbagliato. E così è stato, in effetti» ci conferma Turazzi. «Stiamo camminando sopra il bacino di San Marco, una piccola darsena dove fino agli anni Trenta – prima della chiusura dei Navigli – attraccavano le imbarcazioni che portavano a Milano calce, sassi e la carta per stampare il Corriere della Sera». In questo dedalo di vie una volta navigabili viveva Dino Buzzati che lavorerà al Corriere per oltre quarant’anni e che in questo quartiere ambienta i suoi Poema a fumetti e Un amore: la Milano che ne viene fuori è «inospitale, gravida di clacson, traffico e macchine, parcheggiate sui marciapiedi, una città che rimane appiccicata ai vestiti come smog puzzolente». Da qui possiamo scegliere se spingerci fino ai Navigli, quelli di oggi, e infilarci in via Cicco Simonetta, dove fino a poco tempo fa sorgeva il Chimera «uno dei primi locali a introdurre in Italia la formula della libreria con bar» e dove la generosa Alda Merini leggeva i suoi versi agli amici. Oppure se immergerci nella Milano-bene delle Cinque Vie di Carlo Emilio Gadda con tutte le contraddizioni, o nella periferia proletaria e operaia di Giovanni Testori che all’indomani della Seconda guerra Mondiale viene fagocitata da cavalcavia e palazzoni popolari (Ghisolfa, Bovisa, Affori, Roserio). O ancora possiamo decidere di commuoverci con Elio Vittorini alla vista del Duomo senza vetrate messe in salvo dai bombardamenti o di perderci nella Milano criminale di Giorgio Scerbanenco (tra Piazza della Repubblica e viale Tunisia), o in quella a caduta libera nell’eroina degli anni Ottanta delle pagine di Emilio Tadini (parco Lambro).

Articolo pubblicato su Club Milano 47 novembre-dicembre. Clicca qui per scaricare il magazine.

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